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Il Ninfeo degli horti liciniani

Le tranquille dimore degli dei: i giardini dell'Esquilino

2 dicembre 2007

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Giulia Grassi

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I testi di Giulia Grassi sull'area dell'Esquilino:

    


In epoca romana il settore orientale dell'Esquilino era caratterizzato da una successione di horti, enormi complessi residenziali entro parchi monumentali, di proprietà delle più importanti famiglie romane (e successivamente diventati proprietà imperiale).

La zona era particolarmente adatta. Per queste residenze, infatti, era fondamentale la disponibilità di grandi quantità di acqua, per i giardini e per le fontane che li decoravano; e all'Esquilino arrivavano ben otto degli undici grandi acquedotti della città. Queste residenze erano così belle da poter essere paragonate alle "tranquille dimore degli dei" (LUCREZIO).


RODOLFO LANCIANI, Forma Urbis, 1893-1901, tav. 24 (particolare)

È interessante notare che più di mille anni dopo le nobili famiglie romane costruiranno le loro ville rinascimentali e barocche proprio sugli stessi luoghi occupati dagli antichi horti imperiali (pianta del LANCIANI).

Di queste residenze meravigliose rimangono pochi resti visibili delle strutture architettoniche, anche se gli scavi archeologici di questi ultimi anni stanno riportando alla luce ampi settori di esse. Nei musei romani, invece, sono esposti rilievi, statue e elementi decorativi che arricchivano queste ville, trovati soprattutto durante i lavori di costruzione del quartiere, alla fine del XIX secolo.

Degli Horti di Mecenate, i primi realizzati in quest'area dell'Esquilino, rimane solo il cosiddetto Auditorium di Mecenate su Via Merulana, scoperto casualmente nel 1874 durante i lavori di ampliamento della strada.




Degli Horti Lamiani (2 nella pianta del LANCIANI) sappiamo che erano magnifici: addirittura alcune sale erano rivestite da lamine di bronzo dorato con incastonate gemme colorate (agata, ambra, cristallo di rocca, granati e altre) e c'erano pavimenti fatti con marmi costosissimi, come l'alabastro . Da qui proviene la statua bellissima della Venere esquilina, una delle numerose sculture che abbellivano il complesso (e che ora sono nei Musei Capitolini e nella Centrale

Montemartini). Non sorprende che gli imperatori Caligola e Commodo, famosi per il loro stile di vita lussuoso e lussurioso, passassero molto tempo in questo luogo incantevole.

Sappiamo che nel XVII secolo sull'area degli Horti Lamiani è stata costruita Villa Palombara, poi demolita per far posto a Piazza Vittorio. Gli scavi archeologici del 2005-2006 effettuati nella

Piazza hanno permesso il ritrovamento di un nuovo settore degli horti, finora sconosciuto.

Foto scattate al museo degli horti liciniani, aperto recentemente a Piazza Vittorio sotto il Palazzo Enpam

Bellissimi dovevano essere anche gli Horti Liciniani (1 nella pianta del LANCIANI), nella zona nord-orientale dell'Esquilino, di proprietà dell'imperatore Licinio Gallieno: è lo stesso imperatore citato nell'iscrizione sull'Arco di Gallieno, accanto alla non lontana chiesa di San Vito.

Gli storici latini raccontano che l'imperatore amava risiedere qui con tutta la sua corte, e questo indica che doveva trattarsi di un complesso molto vasto e ricco. Ad esempio, apparteneva a un lungo portico degli horti il grande mosaico pavimentale con scene di caccia rinvenuto nel 1904, durante i lavori di costruzione del sottopassaggio ferroviario noto come "arco di Santa Bibiana" perché vicino alla chiesa omonima. Era in ottimo stato di conservazione, ma è stato asportato solo per 3/5 della sua estensione perché il resto è rimasto sotto i binari ferroviari, che non potevano essere interrotti. Rimasto per decenni nei magazzini, è stato "riscoperto" negli Anni Novanta e dal 1997 è esposto nella Centrale Montemartini. È datato agli inizi del IV secolo.



Di questa residenza imperiale rimane un'unica testimonianza visibile, un grande edificio in mattoni in via Giolitti, ancora vicino alla chiesa di Santa Bibiana e conosciuto come Tempio di Minerva Medica. È un grande rudere, detestato da tutti gli automobilisti perché la sua presenza restringe la strada già percorsa da un tram e che in questo punto segna anche una curva.


Foto scattata durante una visita guidata da Giulia Grassi per Scudit

È una struttura a pianta dodecagonale con nicchie semicircolari sui lati, numerose finestre e una copertura a cupola di 25 metri di diametro; l'ingresso era sul lato nord (1 nella pianta del LANCIANI). L'edificio, che viene datato al IV secolo, doveva essere rivestito di marmi, stucchi e mosaici.

Per secoli il monumento ha svettato isolato tra orti e casali, e in questo isolamento è stato immortalato nelle incisioni, e poi nelle foto, di tantissimi artisti, ad esempio di J. FRANCKAERT (seconda metà del XVI secolo, a) e di GIACOMO CANEVA (1847, b). Una delle raffigurazioni più suggestive è di GIOVAN BATTISTA PIRANESI (1748, c), con la grande cupola ancora conservata (è crollata nel 1828).


Il nome deriva da alcune statue scoperte nel XVI secolo, tra le quali una di Minerva con il serpente (simbolo della medicina); ma in precedenza era conosciuto come "Le Galluzze" (alterazione da "Tempio di Gaio e Lucio", "Tempio di Ercole Callaico"o, più probabilmente, da Gallieno). Solo nel secolo scorso gli studiosi lo hanno interpretato come un ninfeo appartenente agli horti Liciniani.

In seguito anche questa identificazione è stata messa in dubbio: l'edificio, e il mosaico con scene di caccia, sono stati collegati al Sessorium, una grande residenza nell'area di Santa Croce in Gerusalemme (poco lontana da qui), dove risiedeva Sant'Elena, madre del primo imperatore cristiano, Costantino.

Maggiori informazioni sull'edificio emergono dagli scavi archeologici effettuati nel 2006.


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