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I Trofei di Mario

La storia di una fontana monumentale di epoca romana

2 dicembre 2007

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Giulia Grassi

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I testi di Giulia Grassi sull'area dell'Esquilino:

    


Visita guidata da Giulia Grassi ai Trofei di Mario, 2021

Nell'angolo nord del giardino di Piazza Vittorio ci sono le rovine di un grande monumento di epoca romana, chiamato dal Medioevo "Trofei di Mario".

Questo nome, infatti, appare per la prima volta in una guida per pellegrini del 1140, i Mirabilia Urbis Romae, e deriva da due grandi sculture marmoree che hanno decorato il monumento fino al 1590 (come si vede nell'incisione di Etienne Dupérac), quando papa Sisto V le ha fatte togliere e collocare sulla balaustrata del Campidoglio, dove si trovano ancora.


I trofei di Mario in una incisione cinquecentesca di Etienne Dupérac

In realtà si tratta di una fontana monumentale, fatta costruire nel 226 dall'imperatore Alessandro Severo e nota nelle fonti romane come Nymphaeum Divi Alexandri: è l'unico sopravvissuto dei 15 ninfei monumentali di cui parlano le fonti antiche. Ad essere precisi, si tratta della "mostra dell'acqua Claudia", costruita al termine dell'acquedotto claudio (alcune arcate di esso sono in Via Turati, di fronte al teatro Ambra Jovinelli): un grande apparato scenografico che abbelliva una funzionale opera pubblica. Lo stesso principio lo ritroviamo in alcune fontane moderne, come Fontan di Trevi, mostra dell'acqua Vergine, e il Fontanone dell'Acqua Paola sul Gianicolo.

Quello che vediamo oggi è solo lo scheletro in mattoni della fontana, che doveva essere imponente (larga 25 metri, alta almeno 20 metri) e molto ricca, completamente rivestita da lastre di marmo e decorata da numerose statue.

Che aspetto aveva? Il ninfeo è rappresentato su un aureo (moneta d'oro) di Alessandro Severo; e nel passato molti hanno cercato di ricostruirne l'aspetto, a cominciare da Pirro Ligorio nel 1550 circa, quando i trofei erano ancora al loro posto (a). Una bella ricostruzione risale al 1821, ed è opera di Antoine-Martin Garnaud (b), un borsista di Villa Medici.

I Trofei di Mario in una ricostruzione di Pirro Ligorio nel Cinquecento e in una immaginazione di Antoine-Martin Garnaud nell'Ottocento

La facciata doveva essere magnifica. La parte alta era caratterizzata da un grande nicchione centrale (largo 6,50 metri), con le statue forse di Alessandro Severo e della madre Giulia Mamea; ai lati di esso due archi aperti, decorati fino al 1590 dalle statue dei trofei che hanno dato il nome al monumento. Il tutto era concluso in alto da un attico, decorato con una quadriga e altre statue, e in basso da un bacino pensile, dominato al centro da una statua di Oceano sdraiato.

Da questo bacino l'acqua scendeva, non si sa bene come, nella parte inferiore della facciata, dove c'erano una serie di nicchie rettangolari e semicircolari (forse decorate da statue), dalle quali sgorgava altra acqua. Tutta l'acqua si raccoglieva in una grande vasca semicircolare, a livello della strada, dove era possibile attingerla.

Per alcuni secoli le grandiose rovine dei "Trofei di Mario" hanno fronteggiato l'ingresso di Villa Palombara - una grande dimora barocca scomparsa alla fine del XIX secolo per la costruzione di Piazza Vittorio - come si può vedere in una bella incisione di Giovan Battista Piranesi, del 1772, piena di fascino come tutte le vedute dell'artista veneto.

Della villa rimane la "Porta Magica", collocata sul retro del monumento romano e oggetto di molte leggende fantasiose.

I Trofei di Mario e sullo sfondo l'ingresso di Villa Palombara
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