San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma
Informazione sulla storia bimillenaria della prima basilica di Roma
28 novembre 2010
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Giulia Grassi
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I testi di Giulia Grassi sull'area del Laterano:

Costantino a Ponte Milvio (affresco di Giulio Romano), particolare. Wikipedia pubblico dominio
La basilica di San Giovanni in Laterano è la cattedrale di Roma ed ha origini molto antiche. È stato l'imperatore Costantino a ordinarne la costruzione, all'indomani della vittoriosa battaglia di Ponte Milvio (312) contro l'imperatore Massenzio, come ex voto a Cristo che aveva favorito la sua vittoria. Infatti la chiesa era dedicata al Salvatore (Basilica Salvatoris) e solo più tardi è stata intitolata anche ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista.
La chiesa che vediamo attualmente ha però un aspetto decisamente più 'moderno': la monumentale facciata è del 1732 (Alessandro Galilei) mentre l'interno è stato rimodellato in forme barocche da Francesco Borromini, tra 1646 e 1649.
La storia di San Giovanni in Laterano è lunga e complessa: ci soffermiamo, perciò, solo su alcuni punti-chiave.
Prima della Basilica Salvatoris
Nel corso di una serie di scavi realizzati sotto il pavimento della basilica (vedi pianta sotto) è emersa una stratificazione archeologica di edifici di epoca imperiale, utilizzati da Costantino come fondazioni per la chiesa.
I resti più importanti appartengono ad un'enorme caserma costruita da Settimio Severo tra 193 e 197 per le guardie a cavallo imperiali, i castra nova equitum singularium (a), su terreni di proprietà del demanio imperiale. Questa caserma fu rasa al suolo proprio da Costantino nel 313, quando il corpo degli equites fu sciolto in quanto aveva combattuto contro di lui a fianco di Massenzio. Gli archeologi ne hanno trovati i muri appena 30 cm sotto il pavimento della chiesa.
Ma oltre ai castra sono stati scoperti i resti di abitazioni, sia precedenti (I secolo d.C.) che contemporanee alla caserma: molto ricche, con pavimenti in mosaico (b) e pareti coperte di affreschi (c).

a) Plastico di Roma Imperiali: i castra nova; b) Resti di abitazioni con mosaici e affreschi; c) Affresco parietale
Si sa che Settimio Severo aveva donato delle abitazioni vicino ai castra ad alcuni suoi amici, tra i quali c'era un Sesto Laterano. C'è quindi chi collega i resti di abitazioni di epoca severiana alla Aedes Laterani, cioè al palazzo di Sesto Laterano. E chi identifica i resti di abitazioni più antiche con la Aedes Lateranorum, cioè la proprietà che Nerone aveva confiscato a Plauzio Laterano quando nel 65 aveva partecipato alla 'congiura dei Pisoni' contro di lui.
Ma non tutti sono d'accordo, perché "il fatto che l'abitazione dei Laterani neroniani e quella dei Laterani severiani si trovassero entrambe nell'area lateranense non implica automaticamente una sovrapposizione, sia pure parziale, delle aree da esse occupate" (P. Liverani, Le proprietà private nell'area lateranense fino all'età di Costantino, MEFR 1988).
La residenza di Laterani doveva essere così lussuosa da diventare un riferimento topografico (iuxta Lateranis, 'presso la proprietà dei Laterani') per le costruzioni della zona.
La Basilica Salvatoris di Costantino
Sui resti dei castra distrutti Costantino edifica la cattedrale: i muri di fondazione di essa sono stati rinvenuti dagli archeologi, piantati nei muri della caserma severiana.
Nel corso dei secoli la chiesa è stata più volte danneggiata e ricostruita e quindi dell'edificio costantiniano non rimane niente. Sappiamo però che le dimensioni della chiesa attuale ricalcano sostanzialmente quelle originarie, mentre le fonti storiche permettono di avere un'idea del suo aspetto.

Si trattava di un'aula rettangolare, divisa in cinque navate e conclusa da un'abside semicircolare, con un breve transetto.
L'interno era splendido. La navata centrale era caratterizzata da 30 colonne in marmo numidico (giallo antico) che sostenevano un architrave; le navate laterali erano divise da 42 colonne in marmo di Tessaglia (verde antico) collegate da arcate. Di marmo era il pavimento, e forse anche le pareti erano rivestite da opus sectile in marmi colorati; nell'abside c'era un mosaico in pura foglia d'oro.
Inoltre Costantino donò alla chiesa molti preziosi arredi, tra cui sette altari d'argento e un ciborio con le immagini di Cristo e degli Apostoli, sempre in argento (portato via dai Visigoti nel corso del sacco di Roma del 410).
È evidente che l'imperatore voleva una costruzione imponente e sfarzosa, in grado di rivaleggiare con i grandi edifici pubblici della città.
Del resto la stessa forma della chiesa richiamava le grandi basiliche civili (vedi foto sotto), di cui costituisce una variante, con una serie di adattamenti derivanti dalla sua funzione (il più importante è l'ingresso non su uno dei lati lunghi ma sul lato breve, in modo da focalizzare lo sguardo sull'abside, che inquadrava l'altare e la cattedra vescovile).

Disegno ricostruttivo dell'interno della Basilica Ulpia (secondo le ipotesi ottocentesche di Canina), Wikipedia, pubblico dominio
La scelta di costruire la cattedrale in questa zona viene spiegata con ragioni di opportunità politica. A quel tempo il cristianesimo era solo religio licita, cioè una delle tante religioni ammesse nell'ambito dell'impero romano. La popolazione era ancora legata al paganesimo e lo erano in particolare i senatori e i membri dell'aristocrazia. Costruire una grande chiesa nella zona dei fori, piena di templi degli antichi dèi, sarebbe stata una vera provocazione. Parallelamente Costantino edifica, nelle vicinanze, un grande palazzo imperiale (Sessorium), creando un nuovo polo di potere nella Roma tardo-imperiale.
L'intervento di Borromini nel XVII secolo
Qualche anno prima del Giubileo del 1650 papa Innocenzo X Pamphilj affida a Francesco Borromini l'incarico di restaurare la basilica lateranense, che era in precarie condizioni di conservazione. L'aspetto generale della chiesa risaliva a un rifacimento del Trecento, con importanti interventi realizzati tra la metà del '500 e il 1605: il soffitto in legno dorato sulla navata centrale e gli affreschi nel transetto.
Borromini si butta nell'impresa. Per la prima volta ha la possibilità di misurarsi con spazi architettonici enormi, lui che era abituato a lavorare su dimensioni piuttosto ridotte. Purtroppo il papa gli pone una serie di vincoli: non alterare l'impianto a cinque navate, non toccare né il soffitto né il pavimento tardo-cosmatesco né l'abside col mosaico duecentesco. Il tempo per lavorare? Tre anni. L'esterno non viene toccato (la facciata verrà rifatta nel 1732 dal Galilei).

Borromini decide di 'rivestire' le antiche strutture racchiudendole entro di nuove. Nella navata centrale chiude cinque intercolumni (spazio tra le colonne), ingabbiando le colonne a due a due entro monumentali pilastri che alterna alle arcate rimanenti, al di sopra delle quali lascia le finestre; inoltre incurva la parete della controfacciata, arrotondando gli spigoli e creando un ritmo curvo continuo con le pareti della navata.
La copertura avrebbe dovuto essere a volta, per accompagnare il ritmo curvo dominante. Si è ipotizzata una soluzione con una volta percorsa da costoloni simile a quella nella Cappella dei Magi (Collegio di Propaganda Fide), anche se un disegno ci suggerisce che, almeno inizialmente, aveva immaginato questa volta decorata da cassettoni come quelli del Pantheon (P. Portoghesi, Francesco Borromini, 1990).
Nonostante le limitazioni, Borromini crea uno spazio solenne e armonioso, il più equilibrato della sua irrequieta e conflittuale architettura.
