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Il Santuario della Scala Santa

La Scala Santa col Sancta Sanctorum e il Triclinio Leoniano

28 novembre 2010

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Giulia Grassi

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I testi di Giulia Grassi sull'area del Laterano:



Quando nel 1585 papa Sisto V affida a Domenico Fontana la costruzione del nuovo Palazzo dei Papi al Laterano, in sostituzione di quello medievale (Patriarchio), ordina di salvare dalla distruzione alcune strutture particolarmente significative: la Cappella di San Lorenzo in Palatio o Sancta Sanctorum (1), la Scala Santa (2), il mosaico del Triclinio di Leone III (3).



Questi elementi oggi fanno parte di un complesso unitario di edifici creato tra 1589 e 1876, ma nel Patriarchio si trovavano in punti diversi del vasto palazzo, sia pure non troppo distanti fra loro, e quindi risultano assemblati con una certa dose di arbitrio (foto sopra, oggi e ieri).

Al suo posto originario è solo la Cappella del Sancta Sanctorum (1). La prima menzione della cappella è dell'epoca di Stefano III († 772), quando è citata col suo nome originario, San Lorenzo in Palatio; era infatti la cappella privata dei pontefici. Dal secolo successivo comincia ad essere chiamata Sancta Sanctorum, a causa del gran numero di preziose reliquie che vi si conservano. Il suo aspetto attuale, di carattere gotico, risale a papa Niccolò III, che dopo il terremoto del 1277 l'ha restaurata e ornata con un ciclo di affreschi.


Il "Sancta Sanctorum; L. Crepon, Penitenti alla Scala Santa, 1868; il triclinio Leoniano

Nel Patriarchio medievale il Sancta Sanctorum si trovava al piano superiore dell'archivio papale.

Quando l'architetto Domenico Fontana ha demolito il palazzo, isolando la struttura, ha costruito attorno a questo luogo sacro l'edificio che vediamo ora. Inoltre, come nuovo accesso alla cappella ha posto lo scalone d'onore del Patriarchio, che si trovava poco lontano, ed è noto come Scala Santa (o Scalae Pilati) (2).

Entrambi i nomi di questa scala di marmo derivano da una tradizione non documentata: si tratterebbe della scala del pretorio di Ponzio Pilato a Gerusalemme, portata a Roma nel 326. Una reliquia, perché Gesù l'avrebbe percorsa il Venerdì Santo, bagnandola col suo sangue (per questo i fedeli la salgono in ginocchio).

Sappiamo che il trasferimento della Sala Santa è stato effettuato in una sola notte, nell'anno 1589, e che i gradini sono stati trasportati ad uno ad uno, in processione. Si è cominciato dal basso, cosicché nella nuova sistemazione l'ordine dei gradini è inverso: il primo dal basso è diventato l'ultimo in alto, il secondo dal basso il penultimo in alto e così via. Quello realizzato dal Fontana è quindi una specie di reliquario monumentale.

All'esterno della costruzione sistina, sul lato verso piazza di Porta San Giovanni, c'è un'ultima sopravvivenza del palazzo papale medievale, il Triclinio Leoniano (3). Si tratta in realtà di un 'facsimile': una grande edicola di stile classicheggiante costruita da Ferdinando Fuga nel 1743 e ornata con mosaici (ritoccatissimi) provenienti dal demolito triclinio di Leone III (che nel Patriarchio si trovava in una posizione a metà tra l'edicola settecentesca e la facciata della basilica di San Giovanni).

Papa Leone III (795-816) aveva fatto costruire nel Patriarchio due triclinia (sale per banchetti), molto celebrati per la loro ricchezza. Il cosiddetto triclinio 'accubitaneo', usato nel tempo come Sala del Concilio e distrutto dal Fontana. E un altro (questo) che nelle fonti era definito triclinium majorem.

Era di forma rettangolare, con un'esedra sul lato di fondo e altre due al centro dei lati lunghi, e splendidamente decorato. Aveva un rivestimento marmoreo alle pareti (opus sectile) e in marmo era anche il pavimento. Era arricchito da colonne in marmo bianco e in porfido e le esedre laterali erano dipinte mentre quella centrale aveva un mosaico: Cristo che tra gli Apostoli nel catino, papa Leone e Carlo Magno sull'arco absidale. Proprio in quest'aula il papa accolse Carlo, da lui stesso consacrato imperatore in San Pietro in Vaticano (natale dell'800).

La parete dell'esedra col mosaico era stata risparmiata dal Fontana, ed era ancora in piedi agli inizi del XVII secolo, quando il cardinale Francesco Barberini l'ha fatta restaurare (le incisioni dell'Alemanni indicano la situazione prima (b) e dopo (c) l'intervento). In quell'occasione il mosaico fu integrato con le immagini di Costantino e Carlo Magno. Questa esedra è stata in piedi per circa un secolo (a), poi agli inizi del XVIII secolo, quando si cercò di spostarla in un'altra collocazione, andò in pezzi. Allora Benedetto XIV, nel 1743, ordinò di realizzare il nicchione classicheggiante che oggi vediamo. Va da sé che il mosaico è quasi tutto rifatto.


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