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Ti spiezzo in due

Il doppiaggio nei film italiani: pregio o difetto?

13 aprile 2003

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Roberto Tartaglione

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

In Italia, lo sanno tutti, i film stranieri sono doppiati. Su questo tema ci sono due "scuole di pensiero": la prima ci dice che il doppiaggio distrugge l'integrità originale del film e ne distrugge perciò il valore estetico. La seconda ci dice che il doppiaggio - quello professionale naturalmente! - rispetta il pubblico e gli dà la possibilità di seguire un film straniero molto meglio che leggendo i sottotitoli: i sottotitoli infatti non sono una traduzione fedele dei dialoghi originali del film e distraggono l'attenzione di chi lo guarda. 

 

La storia del doppiaggio è vecchia quanto la storia del cinema. Fino agli anni Trenta i registi americani facevano doppiare i film direttamente in America da attori del posto. Spesso però questi attori avevano un forte accento americano e qualche volta un po' comico. Stan Laurel e Oliver Hardy per esempio si doppiavano in italiano da soli e la loro strana pronuncia aggiungeva un maggiore effetto comico ai loro film. 

Moltissimi grandi attori italiani sono stati anche doppiatori: Alberto Sordi ha doppiato per molti anni Oliver Hardy (riprendendo la sua buffa pronuncia americana); Paolo Stoppa, uno dei nostri più grandi attori di teatro, è stato Kirk Douglas in "Sfida all'ok corral"; e poi doppiatori professionisti come Carlo Romano, bravissimo caratterizzatore, che è stato anche Bob Hope, Jerry Lewis, Fernandel e Eli Wallach in "Il buono, il brutto, il cattivo" di Sergio Leone.

Grande attore cinematografico e teatrale è stato anche Gino Cervi, che ha dato la voce a Laurence Olivier nelle trasposizioni shakespeariane (Enrico V, Amleto, Riccardo III) o Orson Welles in "Macbeth".

Fra i grandi doppiatori del passato non si può dimenticare poi Emilio Cigoli, la voce dei grandi di Hollywood: Gary Cooper, Clark Gable, John Wayne, Gregory Peck, Burt Lancaster, William Holden, Humphrey Bogart, Jean Gabin, Henry Fonda, Orson Welles, Richard Burton, Charlton Heston, Robert Ryan, e tantissimi altri.


Emilio Cigoli, Lydia Simoneschi, Ferruccio Amendola, maestri del doppiaggio italiano

Dagli anni Trenta le case cinematografiche americane decidono di doppiare i film direttamente nei paesi interessati. Nascono così anche in Italia i "doppiatori".  La scuola italiana di doppiaggio è stata certamente una delle migliori al mondo, forse anche perché qui si doppiavano non solo i film stranieri, ma anche quelli italiani: in particolare nei film neorealisti - subito dopo la seconda guerra mondiale - gli attori erano quasi tutti presi dalla strada. Per questo, quando recitavano, spesso dicevano battute come "uno, quattro, cinque, due!" e poi, in sala doppiaggio, bravi attori, magari di teatro, gli davano voci belle e piene di espressione.

I doppiatori italiani, del resto, hanno anche molte possibilità di caratterizzare i personaggi usando gli accenti regionali: un teppista del Bronx può avere una leggera cadenza romana, una gentildonna inglese che beve una tazza di tè può avere un'inflessione piemontese, un banchiere un accento milanese e così via (antica conseguenza della Commedia dell'Arte e del teatro).

Ma, oltre al doppiatore, una figura importantissima è quella dell'adattatore. L'adattatore è la persona che si occupa non tanto di tradurre i testi originali in italiano, ma di rendere le battute italiane della stessa durata di quelle straniere, rispettando il "labiale", cioè il movimento delle labbra dell'attore straniero.   Facciamo un facile esempio che si trova su tutti i manuali del bravo adattatore: la battuta Please, wash softly my back letteralmente significa "Per favore, lavami dolcemente la schiena". Ma schiena non ha lo stesso movimento labiale di back, che prevede una consonante labiale (la "b") e una vocale aperta. Una soluzione per l'adattamento di un film allora può essere: "Accarezzami la schiena con le mani". Allo stesso modo l'adattamento del film deve occuparsi di trasferire nella nuova lingua modi di dire e battute umoristiche che naturalmente non si possono tradurre letteralmente.

Qualche volta doppiaggio e adattamento possono perfino cambiare le abitudini linguistiche degli italiani: per esempio l'esclamazione "Cristo!" entra in italiano forse proprio attraverso il doppiaggio del cinema americano.

Le "invenzioni" dei doppiatori possono anche lasciare una traccia nella lingua parlata: ricordate il film Rocky IV? Nella versione italiana, prima dell'ultimo incontro con Rocky, il russo-cattivo-biondo (l'attore Dolph Lundgren) lo guarda negli occhi e, minacciosamente gli dice: "Ti spiezzo in due!": oggi questa frase è famosissima e si usa ironicamente nella lingua di tutti i giorni.

"Il problema  - dice il doppiatore Alessandro Rossi - era l'accento russo; lo abbiamo cercato il più possibile ma veniva sempre sardo. Fortunatamente c'era in sala Renato Mori (altro grandissimo) che tra il serio e il faceto mi ha detto di metterci una "i". Abbiamo provato e così è nato il famoso  IO TI SPIEZZO IN DUE. Dopo l'uscita del film la frase stava sul giornale. Diciamo che mi ha portato fortuna".

Scena di Roky IV da Corriere della Sera, 17.11.2018, in https://www.corriere.it/spettacoli/cards/ritorno-ivan-drago-ecco-cosa-ha-fatto-ultimi-33-anni-mr-io-ti-spiezzo-due/ritorno-ivan-drago_principale.shtml




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