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Italiani del Risorgimento: Carlo Pisacane

Un personaggio un po' diverso da quello che si studiava a scuola

16 gennaio 2011

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Roberto Tartaglione

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

(aggiornato settembre 2023)


(Wikipedia, pubblico dominio)

Quando la scuola italiana era legata un po' più di oggi alla "tradizione risorgimentale", fin dalle classi elementari i bambini dovevano studiare i nomi degli eroi e dei martiri che hanno combattuto o sono morti per l'unità del paese: e a parte i tre grandi (Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e Camillo Cavour) sono tanti i nomi di questi patrioti di cui oggi ci ricordiamo solo perché in una piazza c'è un monumento a loro dedicato, perché gli è intitolata una strada o perché una scuola o un edificio porta il nome di uno di loro: i fratelli Dandolo, Felice Orsini, i fratelli Bandiera, i martiri di Belfiore, Ciro Menotti e tanti altri ancora. Fra questi Carlo Pisacane, l'uomo che nel 1857 tenta di risvegliare la coscienza dei popoli del Sud Italia con una spedizione militare anti-borbonica. Il suo fallimento e la sua morte entrano nell'immaginario collettivo anche grazie ai versi di una celebre poesia di Luigi Mercantini che si chiama "La spigolatrice di Sapri" e che nel suo refrain recita: "eran trecento, eran giovani e forti e sono morti".

 

Nel 1857 (solo tre anni prima della spedizione dei Mille di Garibaldi) Carlo Pisacane pensa che è il momento giusto per liberare il Sud Italia dalla monarchia borbonica. Con una ventina di compagni si imbarca sulla nave di linea Genova-Tunisi. Durante la notte si impossessa del battello e attende rinforzi e armi che devono arrivare grazie al suo amico Rosolino Pilo. Purtroppo Rosolino Pilo però non arriva e Carlo Pisacane si ritrova solo, con pochi compagni e senza armi. Decide comunque di continuare lo stesso la sua azione.

Sbarca allora all'isola di Ponza dove c'è un carcere borbonico. Attacca la prigione, libera circa 300 detenuti e prende le armi dei soldati. Con questi 300 uomini parte di nuovo per il sud e approda a Sapri dove spera di sollevare il popolo.

Ma i borboni avevano già avvertito i contadini della zona che un gruppo di banditi evasi dal carcere stava per invadere il paese.

Così i contadini, armati di bastoni e forconi attaccano gli uomini di Carlo Pisacane e massacrano gran parte di loro. Lo stesso Pisacane è costretto a fuggire: ma circondato e minacciato da quegli stessi italiani che voleva liberare non può far altro che suicidarsi.


La morte di Carlo Pisacane, massacrato dai contadini di Sanza incitati dai filoborbonici ((Wikipedia, pubblico dominio)

Così il racconto come ci viene tramandato dai libri di scuola (e dalla famosa poesia, appunto, La Spigolatrice di Sapri). Eppure in questo modo Pisacane appare come un esaltato senza progetti e predestinato alla sconfitta. Usciamo allora un po' dalla retorica risorgimentale e andiamo a leggere con più attenzione cosa voleva, e cosa scriveva, Carlo Pisacane: Link: Sostiene Pisacane


 

Per saperne di più:

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