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Ridi pagliaccio

Un disco d'oro prima dei Beatles

1 settembre 2019

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Anastasia Kananovich

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

Parlando dei dischi d’oro o di platino, pensiamo di solito ai cantanti pop o rock, oppure ai rapper. Ma il primo disco ad essere venduto in più di un milione di copie conteneva la registrazione di… un’aria d’opera! È  ufficiale ed è documentato sul Guinness dei primati (The Guinness Book of Records): nell’anno 1902 Enrico Caruso ha registrato un’aria che ha avuto un successo colossale, in particolare successo commerciale. Non è "Nessun dorma" dalla Turandot di Puccini che è diventata popolarissima specialmente negli ultimi decenni, ma si tratta dell’aria Vesti la Giubba (conosciuta anche come Ridi, pagliaccio) dall’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo.


L’opera racconta la storia di un teatro ambulante: il padrone del teatro, Canio, che interpreta il ruolo del pagliaccio (clown), scopre l’infedeltà di sua moglie, Nedda, e la uccide. Si dice che la trama sia basata su una storia vera che Leoncavallo aveva sentito raccontare da suo padre che era un giudice.

Nell’opera Canio canta Vesti la Giubba quando, subito dopo aver scoperto l’infedeltà della moglie, deve comunque salire sul palcoscenico, recitare il suo ruolo e far ridere il pubblico.


Diventata una delle più famose arie d’opera in assoluto, Vesti la Giubba è stata interpretata da moltissimi cantanti, e non solo lirici (se l’opera non fa per voi, potete ascolatare la versione di Mina). L’aria di Canio è stata poi citata nelle canzoni (It’s a Hard Life dei Queen), nei cartoni animati (puntata The Italian Bob di The Simpsons, puntata Va in onda il varietà di Masha e Orso) e pure nelle pubblicità (Rice Krispies, Coca Cola).


Ma questa aria ha un’altra caratteristica importante: la lingua. Pur essendo scritto nel 1892, il testo si capisce anche oggi abbastanza facilmente. Provate a leggerlo:


Recitar! Mentre preso dal delirio,

non so più quel che dico,

e quel che faccio!

Eppur è d'uopo, sforzati!

Bah! Sei tu forse un uom?

Tu se' Pagliaccio!


Vesti la giubba e la faccia infarina.

La gente paga, e rider vuole qua.

E se Arlecchin t'invola Colombina,

ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!


Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto

in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor, Ah!

Ridi, Pagliaccio,

sul tuo amore infranto!

Ridi del duol, che t'avvelena il cor!


Almeno l’idea generale è chiara, no? Ora vediamo il testo più in dettaglio:


Recitar! Mentre preso dal delirio

Commenti: recitar invece che recitare – la ‘perdita’ della vocale finale in particolare dopo L, R, N serve a scopi ritmici: si usa nei testi poetici ma anche nelle frasi ordinarie come ‘mal di testa’ (invece che male di testa), ‘far ridere’ (invece che fare ridere), qualcun altro ecc.

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: Non esiste l’amor, è soltanto una favola (Non esiste l’amor di Adriano Celentano); Fammi andar via, liberami (Fammi andar via di Claudio Baglioni)


non so più quel che dico, e quel che faccio!

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: Non dar retta alla gente, non sa quello che dice (In viaggio di Fiorella Mannoia)


Eppur è d'uopo, sforzati!

Commenti: eppur = eppure, è d'uopo = è necessario


Bah! Sei tu forse un uom?

Commenti: Bah! = esclamazione di perplessità, spregio o rassegnazione, usatissima anche nella lingua moderna (per altre interiezioni – vedete l’esercizio sulle interiezioni in fondo alla pagina Matdid: www.scudit.net/mdwestern.htm) ; uom = uomo


Tu se' Pagliaccio!

Commenti: se' = sei; pagliaccio = clown (pagliaccio viene da paglia in riferimento all’abito, al tessuto non elaborato)

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: Per lui ero solo un pagliaccio (Sei bellissima di Loredana Berté); Pagliaccio Azzurro di Anna Oxa


Vesti la giubba e la faccia infarina.

Commenti: giubba = vestito; la parola "moderna" con la stessa radice – giubbotto; infarinare = mettere farina (immaginate il trucco di un clown che ha la faccia tutta bianca)

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: Giubbe rosse di Franco Battiato


La gente paga, e rider vuole qua.

Commenti: = La gente paga e vuole ridere qua


E se Arlecchin t'invola Colombina

Commenti: Arlecchin = Arlecchino, Arlecchino e Colombina sono maschere della Commedia dell'Arte (vedete la lettura A Carnevale ogni scherzo vale in: www.scudit.net/mdmaschere.htm); involare = portare via, rapire


ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!

Commenti: ognun = ognuno

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: Balliamo sul mondo… là sotto qualcuno applaudirà (Balliamo sul mondo di Ligabue)


Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto

Commenti: tramutare = trasformare; lazzo = nella commedia dell’arte, una breve scena di pantomima, spesso comica


in una smorfia il singhiozzo e 'l dolor, Ah!

Commenti: =Tramuta il singhiozzo e il dolore in una smorfia

smorfia = un cambiamento della faccia per rendere un'emozione (parola usata anche nella lingua moderna); singhiozzo = uno spasmo che viene dopo un pianto o un riso forte, dopo un pranzo abbondante o anche dopo aver bevuto troppo; dolor = dolore

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: quando fai le tue smorfie nel bagno(Aria pura di Al Bano e Romina Power); Singhiozzo di Negramaro


sul tuo amore infranto!

Commenti: infranto, da infrangere = spezzare, rompere in pezzi

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: E' solo per infrangerle che creiamo le regole (Se mi ami davvero di MinaCelentano)


Ridi del duol, che t'avvelena il cor!

Commenti: duol, duolo = dolore; cor = cuore

Canzoni più moderne che usano lo stesso vocabolario o le stesse strutture lessicali/grammaticali: L’avvelenata di Francesco Guccini



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