Un pizzico di retorica
artifici e "trucchi" retorici
21 marzo 2004
c2
Roberto Tartaglione
No
In italiano ci sono parecchi modi di dire che usano la parola "retorica": e quasi tutti hanno un senso negativo. Mamma mia, quanto sei retorico!, diciamo a chi parla troppo, dice cose banali, fa troppi giri di parole o comunque usa una forma linguistica scontata e non naturale. Oppure, per scusarci quando diciamo qualcosa che probabilmente dicono tutti, introduciamo il discorso con un forse sarà retorico ma io penso che... Per non parlare poi di quando vogliamo criticare un film, un racconto, un gesto o un rito (un po' retorico, no?) e di quando andiamo a cercare il pelo nell'uovo e notiamo subito quel pizzico di retorica che andrebbe evitato.
Insomma: la parola retorica ha sempre qualche aspetto negativo, ma la retorica (quella vera), cioè l'arte che studia le proprietà del discorso, di negativo ha ben poco.
Secondo la tradizione la retorica studia dunque il discorso e in particolare i temi e gli argomenti (inventio), la disposizione delle parti (dispositio) e la scelta e la disposizione delle parole (elocutio).
In pratica, più comunemente, intendiamo per retorica tutti quegli artifici che ci consentono di esprimerci meglio o, soprattutto, di riuscire ad ottenere qualcosa dal nostro parlare.
I termini che definiscono le "figure retoriche", cioè ciascuno di questi artifici, sono numerosi e anche un po' difficili (vengono quasi tutti dal greco e sono spesso "impronunciabili"!) Ma i singoli artifici sono poi quasi sempre molto meno complicati di quello che sembrano e, alla fin fine, ognuno di noi può accorgersi di quanto il proprio parlare sia davvero pieno di retorica.
Le figure retoriche più particolari (e divertenti) sono certamente quelle che si usano per dire e non dire, quelle che usiamo per convincere, per sostenere una tesi, per ironizzare o per "farci belli". Fra queste ricordiamo in particolare:
Adynaton: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli. Questa celebre frase del Vangelo è una tipica figura retorica che di chiama adynaton (parola greca che significa cosa impossibile). L'adynaton sottolinea l'impossibilità che una determinata cosa succeda e, per rafforzare questa convinzione di impossibilità, subordina questo accadimento a un altro decisamente impossibile.
Allegoria: L'intero viaggio di Dante Alighieri nella Divina Commedia può essere un buon esempio per rappresentare una allegoria (dalla parola greca che significa parlare altrimenti). L'allegoria è una specie di metafora animata e prolungata: una storia, una azione, anche un'intera composizione in cui il significato letterale dei singoli accadimenti passa in second'ordine rispetto al significato simbolico (mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita).
Allusione: Una vittoria di Pirro (per il significato di questa espressione vedi la lettura di MatDid: La vittoria di Pirro) è una chiara allusione a una vittoria che in realtà vera vittoria non è. Si tratta in sostanza di un riferimento più o meno velato a un qualcosa che non si vuol dire apertamente. Quando il Ministro per le Riforme e segretario del partito della Lega onorevole Umberto Bossi ha chiamato gli immigrati "Bingo-Bongo", per esempio, ha usato in modo decisamente infelice la figura retorica della allusione.
Antifrasi: A una persona che ha fatto qualcosa di davvero stupido possiamo dire: Ma come sei intelligente! e qualche volta, quando la situazione diventa più difficile, diciamo ora viene il bello!: intendendo proprio l'esatto contrario di quanto abbiamo detto. È questo un caso di antifrasi (dalla parola greca che significa espressione contraria).
Antonomasia: il procedimento per cui si sostituisce un nome con una perifrasi - o anche con una qualità - che caratterizza quel determinato nome. In particolare si parla di antonomasia in espressioni come l'eroe dei due mondi (che è evidentemente Giuseppe Garibaldi, l'eroe dei due mondi per antonomasia) o, nel linguaggio giornalistico, quando si scriveva l'avvocato riferendosi al vecchio Presidente della Fiat Gianni Agnelli.
Aposiopesi: vedi reticenza.
Disfemismo: è il fenomeno - usatissimo nell'italiano parlato - per cui una espressione negativa viene usata affettuosamente al posto di una positiva. E tuttavia prende valore positivo al di là del suo significato letterale. Così possiamo chiamare un bambino dicendogli vieni qui, delinquente!; oppure possiamo parlare di un amico che si chiama Gaetano chiamandolo Gaetanaccio, senza avere nei suoi confronti alcuna volontà offensiva. Il procedimento è valido in alcune regioni italiane anche per parole volgari e offensive che nel parlato amichevole assumono un significato di quasi-complimento.
Epanodo: consiste nel riprendere una parola o una frase già detta per arricchirla con nuovi particolari. Si dice invece epanortosi la ripresa di una parola che viene un po' modificata o corretta, magari attraverso espressioni come ma che dico? oppure anzi: questo governo governa male; anzi questo governo non governa!
Eufemismo: sostituzione di una espressione troppo cruda o negativa con un'altra che ha un valore più attenuato, ma che suona un po' come volontà di non essere troppo "brutali". È un eufemismo ad esempio dire che una determinata persona non manifesta un'intelligenza troppo viva o brillante (invece di dire persona un po' stupida), ma sempre di eufemismo si tratta quando sostituiamo parole "tabù" con espressioni figurate: un brutto male per tumore o andarsene per morire, ad esempio. Eufemismo è anche dire cribbio! per Cristo! o sostituire l'esclamazione e che diavolo con e che diamine!.
Iperbole: Ma quanto tempo ci metti a prepararti? È un secolo che ti aspetto! L'iperbole è un'espressione esagerata, per difetto o per eccesso. Infatti è iperbolica anche l'espressione: vado a comprare le sigarette: due secondi e torno a casa!
Ipotiposi: significa descrivere qualcosa con particolare vivacità. Se dico che dopo due settimane di vacanza stavo così bene che mia sorella per riconoscermi mi ha dovuto fare l'esame del Dna, per esempio, la descrizione è così colorita che può rientrare in questa definizione.
Ironia: in retorica significa dire esattamente il contrario di ciò che si pensa presupponendo che chi ascolta sappia capire il senso reale del discorso: La politica estera italiana condiziona le scelte politiche in tutti i paesi del mondo.
Metafora: probabilmente è la figura retorica più nota e più studiata: si tratta di un procedimento per cui usiamo una parola concreta per definire un concetto astratto senza ricorrere a nessun suggerimento che permetta direttamente di intuire la relazione: un mare di persone, il fantasma di una vecchia ideologia, l'ombra di una persona ecc.
Metonimia: il significato letterale è "cambiamento del nome". Parliamo di metonimia quando sostituiamo una parola con un'altra che è a lei legata da una relazione: soldi guadagnati col sudore (rapporto di causa effetto tra lavoro e sudore), bere un bicchiere (rapporto contenuto contenitore tra vino e bicchiere), possedere un Guttuso (rapporto opera autore tra quadro e Guttuso) e così via.
Ossimoro: accostamento di due termini in contraddizione fra loro che tuttavia assumono un forte valore semantico proprio da questa paradossale diversità: un silenzio assordante, un giovane vecchio o, come recitava il titolo di una vecchia canzone ghiaccio bollente.
Paradosso: parola comune anche in italiano parlato oltre che in quello specialistico della retorica. Si tratta di un'affermazione che può sembrare assurda o comunque contraria al buon senso e che tuttavia potrebbe dimostrarsi vera. Si usa in particolare come tecnica per convincere gli altri delle proprie argomentazioni.
Paralessi: o preterizione: artificio retorico per cui si fa finta di non capire o si finge di tralasciare qualcosa o di non dirla. Il tutto per fare in modo che questa cosa venga comunque fuori. Tipico caso un'espressione come non starò qui a ricordare i danni provocati da alcuni politici. Voglio però parlare di un caso in particolare...
Perifrasi: giro di parole, circonlocuzione per dire con parole diverse qualcosa che potrebbe forse essere detta in modo più breve. Può avere un effetto poetico letterario (i quartieri dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi, sono i quartieri del porto di Genova, pieni di vicoli stretti sempre in ombra) o anche comico (sono caduto da cavallo e mi sono fatto là dove non batte mai il sole, al sedere).
Reticenza: sospendere una frase, non dire una conclusione lasciando che gli ascoltatori traggano da soli le loro conclusioni e percepiscano spesso la minaccia di certi fatti: prova a disubbidirmi e vedrai!
Sillessi: vero e proprio artificio retorico per cui si attribuiscono a più soggetti determinate caratteristiche o azioni che invece sono proprie solo di alcuni soggetti e non di tutti: gli americani e gli europei hanno partecipato alla guerra in Iraq per esempio è una affermazione che può essere fatta, ma sorvola sul fatto che non gli europei ma solo una parte degli europei era presente in Iraq.
Similitudine: figura retorica che esprime, spiega o illustra un concetto attraverso il paragone con un altro: entrare in un ristorante come lupi affamati che scendono dalle montagne.
Sineddoche: Sostituzione di un termine con uno figurato che ha un significato più ristretto rispetto al primo: ferro per armi, vela per nave, l'uomo per gli uomini ecc.
Sinestesia: Accostamento di due parole appartenenti a sfere sensoriali diverse: un colore freddo, un sapore vivace, una musica ruvida ecc.
Sospensione: vedi anche reticenza. Lasciare volutamente in sospeso un discorso. Se le cose andranno così... va bene, non voglio aggiungere altro.
Zeugma: collegare a uno stesso verbo due enunciati che richiederebbero naturalmente due verbi specifici: quando mi sentirai piangere e soffrire allora capirai il male che mi hai fatto.
Ma se le figure retoriche indicate finora hanno tutte la caratteristica di dire qualcosa con parole "diverse" da quelle che sarebbero necessarie per esprimere semplicemente un concetto, molte altre figure retoriche dicono le cose che intendono con le parole "giuste" e tuttavia permettono di rafforzare il nostro pensiero attraverso altre strategie:
Anticlimax: procedimento contrario al climax (vedi) e cioè la disposizione di parole o frasi in modo tale che decrescano di intensità: ottimo, migliore, buono.
Antitesi: si parla di antitesi (dalla parola greca che significa "contrapposizione") quando per rafforzare un concetto neghiamo il suo contrario: parlo di realtà, non di fantasia!
Apostrofe: interrompere il normale svolgimento del discorso con un'invocazione (o anche un'invettiva) direttamente rivolta a qualcuno o qualcosa. L'apostrofe più nota è forse quella di Dante contro Pisa: ... Ahi Pisa, vituperio de le genti! ...
Climax: progressione di elementi della frase o di frasi che salgono di intensità: buono, migliore, ottimo! per esempio; o con i numeri possiamo dire decine, centinaia o forse migliaia!
Diafora: si dice diafora il procedimento per cui una parola viene usata due volte ma con un significato diverso. Si presta perciò a numerosi giochi di parole e può essere utilmente impiegata in slogan pubblicitari: un uomo senza senso potrà mai perdere i sensi?
Dilogia: formula retorica per cui una parola viene ripetuta più volte, in momenti diversi, per dar maggiore forza espressiva al discorso.
Dittologia: è l'uso di due parole dallo stesso significato unite fra loro dalla congiunzione "e". La dittologia da una parte rafforza il significato della parola, dall'altro conferisce alla frase un maggiore peso dal punto di vista ritmico: dare una risposta ferma e decisa, un comportamento superbo e spaccone o, da un verso poetico di Petrarca un vecchierel canuto e bianco.
Domanda retorica: frase interrogativa che contiene già in sé una evidente risposta.
Endiadi: da un'espressione greca che significa "una cosa per mezzo di due". È la figura grammaticale attraverso la quale possiamo usare due termini - correlandoli fra loro attraverso la congiunzione "e" - per esprimere una sola idea o un concetto che potrebbe essere manifestato da un'unica espressione: se per esempio diciamo la decisione e la volontà invece di dire la decisa volontà questo è un caso di endiadi.
Enfasi: fra queste parole riferite a figure retoriche e grammaticale, il termine "enfasi" è uno dei pochi che ha un certo uso anche al di fuori del linguaggio specialistico, forse perché gli italiani esagerano spesso. Infatti "enfasi" significa esagerazione, una qualche volta eccessiva vivacità nel parlare o nello scrivere, una teatrale manifestazione del proprio pensiero. per questo possiamo parlare di enfasi del tono di voce, di enfasi gestuale o anche di enfasi oratoria, del modo di parlare.
Come figura sintattica è quindi un'espressione che si caratterizza per la volontà di sottolineare una accesa partecipazione sentimentale a quanto si sta dicendo: Tu, proprio tu, mio dio!, dici questo?
Epifonema: Da una parola greca che significa "esclamare" e la frase enfatica che conclude un discorso in modo sentenzioso o, appunto, retorico: ... e solo così avremo un futuro degno di questo nome!
Invettiva: Frase o discorso violento rivolto direttamente contro qualcuno o qualcosa.
Vedi anche apostrofe.
Ipallage: Da una parola greca che significa "scambiare". L'ipallage consiste infatti in uno scambio di relazione logica tra due termini di uno stesso discorso. per cui - nel linguaggio marinaresco - possiamo dire dare le vele ai venti, ma, con un piccolo artificio retorico, anche
Iterazione: significa "ripetizione" ed è un procedimento molto usato nell'arte oratoria: si ripetono più volte le stesse parole o le stesse frasi, rispettando un certo ritmo del discorso, sia per fissare concetti negli ascoltatori, sia per mantenere la coesione dell'intero argomentare.
Litote: definire una caratteristica attraverso la negazione del suo contrario. Si usa spesso dire: non è male!, non è irrilevante, non è inutile ecc. per dire che è bene, è rilevante, è utile.
Premunizione o prolessi: reazione preventiva a possibili obiezioni di chi ci ascolta: e se qualcuno pensasse che io parlo per interesse risponderò chiaro e tondo che non ho vantaggi personali da queste mie affermazioni!
La prolessi è anche l'anticipazione di un termine che nella costruzione normale andrebbe dopo, anticipazione che permette naturalmente una forte sottolineatura del termine stesso: questo ho fatto e non me ne pento! dove la parola "questo" è così fortemente accentuata.
Reiterazione: ripetizione di uno stesso argomento con altre parole. Spesso si introduce con formule come in altre parole..., cioè..., in parole povere..., in soldoni... ecc.
Ripetizione: frequentissima nel parlato può avere valore enfatico, minaccioso, ironico: vieni, vieni che ti sistemo io!
Figure retoriche che invece si riferiscono quasi esclusivamente alla costruzione della frase e si usano per rendere il proprio discorso più ritmico e "fisicamente" più consistente, spesso per necessità poetiche o letterarie, sono:
Allitterazione: Fiesta ti tenta tre volte tanto è il vecchio slogan pubblicitario di una merendina. L'artificio retorico della allitterazione (dal latino ad + literam) consiste nel ripetere in due o più parole la stessa lettera o sillaba iniziale.
Anadiplosi: L'anadiplosi (dalla parola greca che significa raddoppio) consiste nel ripetere all'inizio di una frase una più parole che si trovavano nella conclusione della frase precedente. Questo artificio fa parte sia della tradizione poetica in cui non di rado un verso riprende termini del verso precedente, sia della tradizione oratoria.
Anafora: Per me si va nella città dolente, per me si va nell'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Questi famosi versi di Dante Alighieri, con la ripetizione dello stesso gruppo di parole all'inizio di ogni verso (per me si va...) rappresentano un esemplare caso di anafora (dalla parola greca che significa ripetizione). L'artificio è molto diffuso anche nel linguaggio oratorio moderno (vedi in MatDid Mi ha scritto Berlusconi)
Anastrofe: È il rivolgimento dell'ordine naturale di due parole, fatto per esigenze poetiche, qualche volta di rima, oppure solo per mettere in risalto uno dei due termini. Si usa soprattutto in poesia; in prosa rende lo stile del discorso estremamente arcaico (di lui più grande fu solo dio!). Viene dalla parola greca che significa appunto inversione.
Antistrofe: figura retorica usata specialmente in poesia, quando due o più versi finiscono con la stessa parola. Possiamo usarla anche in prosa per sottolineare un determinato atteggiamento: chi ha deciso sei tu, chi ha sbagliato sei tu e adesso chi deve riparare sei tu!
Chiasmo: è la figura retorica per cui due espressioni sono contrapposte in modo tale che la seconda abbia gli elementi che la compongono disposti in posizione contraria rispetto alla prima: io solo combatterò, morirò solo io! (in queste due frasi ad esempio abbiamo 1. io + solo + un futuro verbale 2. un futuro verbale + solo + io)
Circolo: concludere una frase o un periodo con la stessa parola con cui si è cominciato.
Epanadiplosi: Iniziare e terminare un verso o una frase con la stessa parola. Viene da un termine greco che significa appunto "ripetizione"
Epifora o epistrofe: Ripetizione di una o più parole che alla fine di più versi o di più parti del periodo.
Hysteron proteron: in greco significa "l'ultimo (al posto del) primo". procedimento per cui l'ordine delle parole è invertito per creare una particolare tensione espressiva.
Inversione: fenomeno analogo al precedente: le parole nel periodo sono disposte in un ordine diverso da quello normale.
Iperbato: Alterazione dell'ordine naturale delle parole in una frase o delle frasi in un periodo.
Isocòlo: Nella retorica classica è un periodo costituito da membri simmetrici: stesso numero di vocaboli, stessa disposizione e stesso ritmo.
Isterologia: inversione dell'ordine delle frasi per cui diciamo prima ciò che andrebbe detto dopo.
Omoteleuto o omeoteleuto: uso di parole che, disposte nel periodo in modo simmetrico, terminano con la stessa sillaba.
Paronimia: rapporto tra paronimi, cioè fra parole che hanno un aspetto simile ma un significato diverso: sposati e spossati, per esempio.
Paronomasia: accostamento di due parole simili con significato diverso. Questo accostamento crea un effetto stilistico rilevante: chi dice donna dice danno, traduttore traditore, amore amaro, padre padrone ecc.
Infine non bisogna dimenticare che la retorica è anche un ottimo strumento per chi vuole giustificare un proprio errore di grammatica o di sintassi! Bisogna infatti dire che non c'è errore che non possa - in un modo o nell'altro - trovare una giustificazione o una motivazione: basta che l'autore dica che la sua è una consapevole e motivata "scelta retorica".
Quelle che seguono ora sono figure retoriche "grammaticali" ovvero scelte che qualche volta contraddicono la cosiddetta "grammatica tradizionale" ma che sono tollerate, appunto, dall'arte retorica (attenzione, studenti stranieri! Non crediate di cavarvela a un test d'esame dicendo "Ma io non ho sbagliato il congiuntivo... ho fatto solo una scelta retorica anticonvenzionale!" Quello che è concesso a uno scrittore non sempre è concesso a voi!)
Anacoluto: Quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro è un'espressione tratta dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni che ben rappresenta un anacoluto (dalla parola greca che significa che non segue). È una costruzione sintattica che manca dei necessari nessi logici e sintattici. Un anacoluto, perciò, è considerato "errore" quando viene pescato in una composizione scritta di uno studente (italiano o straniero), in un articolo giornalistico senza pretese letterarie o nel discorso "a braccio" di qualche politico. Nello stesso tempo può essere una raffinatezza stilistica quando l'autore lo usi per ottenere un effetto poetico o anche per riprodurre forme che si avvicinano al parlato. Un piccolo anacoluto può anche trovarsi nel titolo di un noto libro moderno: Io speriamo che me la cavo.
Anfibologia: Paolo fu grande amico di Pietro e amò appassionatamente sua moglie: la moglie di chi? Ecco un caso di anfibologia che significa appunto ambiguità. Consiste quindi in una frase che può avere due significati diversi ed è per questo un artificio retorico particolarmente adatto a enunciati umoristici o anche a slogan di carattere pubblicitario.
Asindeto: è una forma di coordinazione tra frasi o tra vari elementi di una frase senza uso di congiunzioni: si vestì, mise in tasca il suo coltello, aprì la porta di casa, uscì.
Costruzione "ad sensum": si dice un milione di persone va o un milione di persone vanno? Be', se uno studia lingua e grammatica dovrebbe dire un milione di persone va; ma se siamo molto consapevoli di quello che stiamo dicendo o scrivendo allora possiamo permetterci una costruzione ad sensum e dire un milione di persone vanno.
Dialisi: parola più nota in medicina che non in retorica. La dialisi è in medicina quel procedimento di filtraggio a cui si sottopongono le persone ammalate ai reni. In retorica è invece il procedimento per cui un discorso è interrotto da una serie di incisi. Dalla parola greca che significa "separare".
Ellissi: eliminazione di alcuni elementi della frasi che possono essere sottintesi senza che il senso sia compromesso. Parliamo per esempio di ellissi del verbo in una frase come tutto bene? dove è evidente la mancanza di un verbo come va.
Enallage: da una parola greca che significa "cambiamento", l'enallage è quella figura grammaticale che consente di usare una parte del discorso al posto di un'altra, mettendo un aggettivo al posto di un avverbio per esempio. Si trova frequentemente in frasi come parlare chiaro (invece che parlare chiaramente) o respirare profondo.
Epanalessi: Da una parola greca che significa "riprendere", l'epanalessi è la ripresa di un termine già detto che viene ripetuto certamente per sottolinearlo, ma soprattutto per la chiarezza sintattica del discorso. Con un esempio possiamo vedere che la frase ricordiamo sempre i consigli ricevuti da te quando ci siamo conosciuti, che del resto ci sono stati utili in molte occasioni pur essendo chiara acquista un'altra forza se riprendiamo il termine consigli: ricordiamo sempre i consigli ricevuti da te quando ci siamo conosciuti, consigli che del resto ci sono stati utili in molte occasioni.
Pleonasmo: uso di un elemento del discorso che è non-necessario o ridondante. Il pleonasmo è spesso collegato in italiano a un uso ridondante dei pronomi (a me mi piace, l'hai visto questo film?, a casa ci torno domani ecc.) anche se poi sulla non-necessarietà di questi pronomi si può discutere a lungo.
Polisindeto: è il contrario dell'asindeto, e cioè è una sequenza di frasi coordinate da una stessa congiunzione: esce e prende la macchina e parte e arriva in ufficio.