La punteggiatura
Qualche nota sui segni di interpunzione
25 novembre 2001
da a2 a b2
Angelica Benincasa
No
IL PUNTO (O PUNTO FERMO)
...Tutto solo a mezza pagina Lo piantarono in asso, E il mondo continuò Una riga più in basso. (Gianni Rodari, Il Dittatore, Filastrocche in cielo e in terra, Torino 1972)
Il punto segna una pausa forte, chiude un periodo o una singola frase. L'utilizzazione del punto in questa situazione provoca che la parola successiva sia scritta con la maiuscola.
Dopo il punto si va a capo:
1. quando, dopo aver sviluppato un pensiero (in uno o più periodi) si cambia argomento
2. all'inizio delle battute di un dialogo, quando inizia a parlare un interlocutore.
Il punto si utilizza ancora:
nelle abbreviazioni: ecc. (=eccetera), pag. (=pagina), pagg. (=pagine), Gent.ma (= Gentilissima);
nelle sigle: D.O.C. (= Denominazione di Origine Controllata), F.A.O: (=Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura), C.I.S.L. (Confederazione Italiana Sindacato Lavoratori);
in enumerazioni o cataloghi (a. primo caso, b. secondo caso c. terzo caso)
Di norma se una frase si conclude con un'abbreviazione non ha bisogno di un punto fermo di conclusione: parlo per tutti gli italiani, siciliani, lombardi, piemontesi ecc.
Per esigenze di stile il punto può caratterizzare una prosa spezzata e nervosa. In questo caso può perfino sostituire la virgola (Era una giornata buia. Faceva freddissimo. Per le strade non c'era un'anima)
La parola "punto" fa parte poi di parecchi modi di dire:
Veniamo al punto!
Punto e basta!
(Non) è questo il punto!
A che punto sei?
Facciamo il punto (della situazione)
Punto di riferimento
Punto morto
Fino a un certo punto
A questo punto...
Mettere a punto
Un punto di vista
Alle sette in punto!
Di punto in bianco
Non capisco un punto del tuo discorso
LA VIRGOLA
C'era una volta Una povera virgola Che per colpa di uno scolaro Disattento Capitò al posto di un punto Dopo l'ultima parola Del componimento. La poverina, da sola, doveva reggere il peso di cento paroloni, alcuni perfino con l'accento.(…) (Gianni Rodari, Tragedia di una virgola, Filastrocche in cielo e in terra, Torino 1972)
La virgola indica una breve pausa tra due parole o proposizioni ed è comunemente usata:
per separare gli elementi di una enumerazione (sostantivi, aggettivi o verbi). Di solito l'ultimo elemento dell'elenco è preceduto dalla congiunzione e: "Ho mangiato pane, burro e marmellata".
Per isolare un vocativo: "Giulio, fa' il tuo dovere!" Perché, Marco, non rispondi?"
Per isolare apposizioni o incisi: " Io, a dir la verità, non ho capito". "Roma, capitale d'Italia, è nel Lazio. "
Nelle date si usa dopo il nome del luogo: Milano, 19 giugno 2001
Si usa la virgola davanti alle congiunzioni avversative ma, tuttavia, però, anzi.
Si può trovare anche davanti ad altre congiunzioni ma non c'è mai:
Tra il soggetto e il predicato.
Tra il predicato e il complemento oggetto, o altro complemento retto dal predicato.
Dopo la congiunzione che ( a meno che non ci sia dopo la congiunzione un inciso).
In qualche situazione la posizione della virgola può dare un significato diverso alla frase:
Ieri, dopo aver fatto i compiti con mio padre, sono andato dalla zia
(Ho fatto i compiti con mio padre e sono andato da solo dalla zia).
Ieri, dopo aver fatto i compiti, con mio padre sono andato dalla zia
(Ho fatto i compiti da solo e sono andato con mio padre dalla zia).
Anche con la parola "virgola" in italiano c'è qualche modo di dire:
Non cambierei una virgola di quello che ho fatto!
È una persona che sta attenta anche alle virgole!
IL PUNTO E VIRGOLA
C'era una volta un punto E c'era anche una virgola: erano tanto amici, si sposarono e furono felici. (…) (Gianni Rodari, La famiglia Punto-e-virgola, Filastrocche in cielo e in terra, Torino 1972 )
Il punto e virgola ha una funzione simile a quella del punto fermo, ma indica una pausa meno intensa; separa tra loro due o più elementi ben distinti di un periodo.
Dei segni di interpunzione è forse quello meno usato dagli italiani.
Si usa di solito per separare tra loro due o più proposizioni di uno stesso periodo, quando non si vuole interromperne l'unità con un punto fermo.
Un uso particolarmente frequente del punto e virgola è quello che lo vede utilizzato nelle enumerazioni per isolare o raggruppare elementi omogenei all'interno di una lista più vasta. Per esempio:
Ho comprato pane, pasta, olio e sale; una camicia, una giacca e un pantalone; due quaderni, tre penne e un blocco
Un'altra occasione in cui è consigliabile usare il punto e virgola è quando due frasi sono collegate fra loro per il senso, ma hanno soggetti diversi (in questo caso è alternativo alla congiunzione "e")
Il libro è suddiviso in 15 capitoli; ogni capitolo è dedicato a un tema diverso
I DUE PUNTI
I due punti si usano in primo luogo per introdurre il discorso diretto (e sono in questo caso seguiti da virgolette o da lineetta):
L'uomo disse: "Questa è l'ultima volta che ti telefonerò"
I due punti servono anche a introdurre parole che spiegano un pensiero precedente:
Non sapevo che fare: ormai era tardi e il treno già era partito
Per questo sono molto utilizzati (anche in questo paragrafo) per introdurre i vari esempi.
Allo stesso modo i due punti introducono una enumerazione:
C'era una gran confusione in quella stanza: fogli, libri, vestiti e scarpe ovunque
ATTENZIONE: I due punti non si possono usare tra il predicato e il complemento oggetto , anche se questo fa parte di un elenco. Quindi non possono essere usati nella frase:
Marco ha comprato mele, pere, arance e banane
IL PUNTO ESCLAMATIVO
Chiude di solito una frase esclamativa e serve a indicare:
Indignazione: Tu qui!
Stupore: Sei già arrivato!
Entusiasmo: Evviva, abbiamo vinto!
Un ordine: Silenzio!
Un'interiezione: Ahi! Che male!
Dopo il punto esclamativo, così come dopo il punto interrogativo, è richiesta di norma la lettera maiuscola, ma in molte situazioni la continuità della frase permette di fare qualche eccezione alla regola:
È inutile che dici scusa! scusa! se poi continui a fare di testa tua!
IL PUNTO INTERROGATIVO (O PUNTO DI DOMANDA)
Chiude di solito una frase interrogativa diretta. È l'unico segno di interpunzione veramente obbligatorio dato che il suo uso non dipende mai da scelte stilistiche ma da una vera esigenza comunicativa. La stessa frase con o senza punto interrogativo cambia completamente il senso:
Dove abiti? Di dove sei? Quanti anni hai?
Il punto interrogativo serve anche a segnalare l'incertezza su un dato o la sua totale assenza:
Nelle opere di François Villon (morto nel 1463?) sono presenti i temi della morte e del disfacimento fisico
Questo elemento di incertezza può essere usato anche con uno scopo ironico o provocatorio. In questo caso è una forma di utilizzo - tollerata anche nello scritto giornalistico - che ricorda da vicino le faccine che nella scrittura delle e-mail vanno sotto il nome di emoticone:
L'avvocato (?) Rossi ha detto la sua opinione
Dopo il punto interrogativo, così come dopo il punto esclamativo, è richiesta di norma la lettera maiuscola, ma in molte situazioni la continuità della frase permette di fare qualche eccezione alla regola:
Lo sai che io - perché me lo chiedi ancora? - la penso così!
IL PUNTO MISTO
E' formato da un punto esclamativo ed interrogativo insieme. Va usato con moderazione perché non è considerato un artificio stilistico di alto livello (così come non sono considerati di buon gusto letterario tre punti esclamativi!!!).
Il punto misto si usa per una interrogativa retorica che esprime nello stesso tempo sorpresa, meraviglia, incredulità:
L'ha uccisa. Possibile!?
I PUNTINI DI SOSPENSIONE
Sono generalmente tre e indicano una sospensione del pensiero dovuta a dubbio, confusione, agitazione, gioia, ironia, ecc.
Io... non so...: che potrei dire?
Si usano i puntini di sospensione anche quando si vuole lasciare la frase sospesa, incompleta per non esprimere un giudizio che riteniamo opportuno tacere, o siamo imbarazzati a manifestare.
Io penso che Andrea sia…; ma lasciamo stare!
In conseguenza di questa caratteristica i tre puntini servono a censurare nello scritto parole "irripetibili":
Sembra che il calciatore abbia ammesso di aver detto all'arbitro un grosso vaff...
Questo aspetto così "umano" dei puntini di sospensione che manifesta dubbi, incertezze, censure, ripensamenti, rende il loro uso particolarmente adatto a uno scritto che voglia in qualche modo riprodurre le incertezze di uno stile parlato-parlato.
Non a caso i puntini abbondano nei fumetti, negli scritti "giovanili" (lettere, diari, bigliettini, SMS ecc.) mentre siano assai più rari in uno scritto letterario.
LE PARENTESI TONDE
C'era una volta Una parentesi aperta E uno scolaro Si scordò di chiuderla. Per colpa di quel somaro La poveretta buscò un raffreddore, e faceva uno starnuto al minuto. Passato il malore Fece scrivere da un pittore Il seguente cartello: "Chi mi apre, mi chiuda, per favore". (Gianni Rodari, Il caso di una parentesi, Filastrocche in cielo e in terra, Torino 1972)
Le parentesi tonde servono a chiudere parole o frasi non strettamente legate al resto del periodo, parole e frasi di carattere perciò incidentale che nel parlato vengono in genere pronunciate con tono diverso, più basso o più in fretta. Talvolta queste espressioni nel parlato hanno un'introduzione che vuole sottolineare la loro incidentalità, introduzioni come "sia detto tra parentesi" oppure "e dico anche tra parentesi":
Le preposizioni in italiano (e non solo in italiano) sono un argomento grammaticale complesso
Una parentesi aperta va sempre chiusa. Ma al contrario una parentesi chiusa non sempre deve essere stata aperta. La parentesi chiusa serve infatti a isolare i numeri o le lettere in una enumerazione:
a) primo caso b) secondo caso c) terzo caso
NOTA BENE
Alcuni segni, più che di intonazione, sono soltanto segni grafici e non hanno rilievo nella lettura, perché non indicano né pause né toni di voce diversa. E' il caso delle virgolette, della lineetta, del trattino, e dell'asterisco. Questi segni servono a rendere più evidente il valore di certe parole e di certe parti del discorso, a dare maggiore chiarezza allo scritto.
LE VIRGOLETTE
Le virgolette si usano per racchiudere discorsi diretti, citazioni, titoli, oppure servono a mettere in risalto una parola con un valore di equivalenza:
Kennedy ha detto: "Io sono berlinese!"
Nella favola "Cappuccetto Rosso" c'è una bambina che va dalla nonna
Questo fa parte della nostra concezione del mondo, la "Weltanschauung" dei tedeschi
LA LINEETTA
Indica, in un dialogo, il distacco tra le varie battute:
— L'hai vista? — gli chiese.
— No, non la vedo dalla settimana scorsa — rispose.
Si usa per evidenziare un inciso:
L'ho detto — come vedi — per farla ragionare
Nella lingua del computer e di Internet il trattino basso o la lineetta bassa è quel segno spesso presente negli indirizzi e-mail per colmare un vuoto lasciato da uno spazio:
giovanni_rossi @ pincopallo.com (leggi: giovanni, lineetta bassa, rossi, chiocciola, pincopallo, punto, com)
IL TRATTINO
Il trattino si utilizza per collegare tra loro parole composte:
L'Emilia-Romagna, l'impero austro-ungarico, il maxi-processo
Si usa anche per la divisione in sillabe quando si va a capo.
Nella lingua del computer e di Internet il trattino basso o la lineetta bassa è quel segno spesso presente negli indirizzi e-mail per colmare un vuoto lasciato da uno spazio:
giovanni_rossi @ pincopallo.com (leggi: giovanni, trattino basso, rossi, chiocciola, pincopallo, punto, com)
L'ASTERISCO
Si può usare da solo o in gruppi di due o tre.
Da solo si può usare vicino a una parola per indicare una nota a piè di pagina.
In gruppi può stare al posto di un nome che non si sa o che non si vuol dire. Uso questo di antica tradizione letteraria giacché anche nei Promessi Sposi Alessandro Manzoni scrive:
Il Padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquanta
La parola "asterisco" è poi oggi molto usata in riferimento al tasto del telefono che è in genere abbinato all'altro che si chiama "cancelletto" (#)
L'asterisco è infine usato in alternativa allo schwa (ə) al posto della vocale finale di parole che vogliono includere genere maschile e femminile: tutti è maschile, tutte è femminile, tutt* è inclusivo. Naturalmente questa scelta provoca la reazione di chi dice che la "i" finale non è specificamente maschile ma già include anche il femminile (gli italiani significa maschi e femmine). Ma questo discorso porta lontano e se lo facciamo non finiamo più. Qui vi raccontiamo solo che l'asterisco si usa "anche" così.