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Introduzione ai primi 333 sostantivi in italiano

Lessico e frequenza d'uso

22 gennaio 2012

da a1 a c2

Roberto Tartaglione

No

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

(aggiornato luglio 2024)


Questo materiale di Matdid è stato elaborato prima dell'uscita del libro di ROBERTO TARTAGLIONE, Le prime 1000 parole italiane, Firenze, Alma Edizioni 2017.




A questo testo rimandiamo i lettori più curiosi o esigenti. Tuttavia questo testo in Matdid ci sembra ancora oggi un utile e agile supporto per studenti stranieri principianti e quindi lo riproponiamo senza particolari modifiche rispetto a quanto scritto nel 2011.


 

Questo materiale è per sua natura collegato a quello analogo, pubblicato sempre in Matdid, I primi 111 verbi italiani; ed è anche questo dedicato a chi insegna italiano in una classe di stranieri di livello elementare (e naturalmente agli studenti di livello elementare).

Forniamo infatti una lista di 333 sostantivi che non possono e non devono assolutamente mancare nel bagaglio lessicale di chi è ai primi passi nello studio della lingua italiana.


COME NASCE QUESTA LISTA?


Come abbiamo già fatto per presentare la lista dei primi 111 verbi, anche stavolta spendiamo due parole sul "sistema" seguito per ricavare questi (e non altri) 333 sostantivi.

Il Lessico di frequenza dell'italiano parlato (noto come "Lip", di De Mauro, Mancini, Vedovelli, Voghera, Etaslibri 1993) è stato il punto di partenza. Ricordiamo ancora una volta che questo testo, assolutamente fondamentale per chi insegna italiano, ci propone, elencandoli in ordine di frequenza d'uso, i lemmi fondamentali della nostra lingua.

Selezionando i primi sostantivi abbiamo immediatamente un'ottima base per organizzare il nostro lavoro.

Bisogna ora dire che fra i primi 300 sostantivi del Lip sono ben pochi quelli che a nostro avviso non dovrebbero far parte del bagaglio lessicale di uno studente di italiano.

Ma c'è un ma: quando si apprende una lingua non è detto che gli argomenti trattati e in particolare il lessico adeguato a questi argomenti debba corrispondere in modo "cieco" a una frequenza d'uso lessicale dell'italiano calcolata su un corpus riferito al parlato quotidiano dei nativi.

 

Lo straniero che si avvicina a una lingua prima di tutto sarà portato a sfruttare quel lessico internazionalizzato che già conosce (per l'italiano possiamo pensare a parole facilmente comprensibili come studente, telefono, euro, computer ecc; o a parole italiane di ampia diffusione come ciao, bambino, spaghetti, pizza ecc.).

Poi certamente imparerà parole collegate alla sopravvivenza quotidiana (i numeri, i nomi dei giorni, dei mesi, il modo per indicare l'orario con parole come mezzogiorno e mezzanotte ecc.).


Infine avrà bisogno di quel minimo di nomenclatura collegata ai "campi semantici" più immediatamente utili:


la casa (bagno, camera, cucina ecc.)

il corpo umano (bocca, mano, naso ecc.)

i nomi per indicare familiari (madre, padre, zio ecc.)

le festività importanti (ferragosto, natale, pasqua ecc.)

i luoghi cittadini (banca, museo, ristorante ecc.)

i termini dell'alimentazione (pane, pasta, sale ecc.)

alcuni materiali (ferro, legno, vetro ecc.)

termini riferiti alla natura o agli agenti atmosferici (albero, mare, montagna, pioggia ecc.)

oggetti di uso quotidiano (bottiglia, orologio, telefonino ecc.)

modi per indicare persone anche a seconda del loro lavoro (donna, dottore, studente, uomo ecc.)

mezzi di trasporto (aereo, taxi, treno ecc.)

qualche capo di vestiario (giacca, pantalone, vestito ecc.)

gli animali domestici più frequenti in una determinata società (nel nostro caso certamente cane e gatto)

una serie di nomi, astratti o comunque non legati a campi semantici specifici (domanda, fame, problema, traffico, viaggio ecc.)


In sostanza, se non ragioniamo in termini di esperienza di insegnamento e di "campi semantici" fondamentali, e se ci basiamo solo su criteri statistici, rischiamo "paradossi didattici" piuttosto buffi.

Dovremmo infatti insegnare il nome del mese di giugno (ruolo Lip: 791) in un corso per principianti, ma aspettare almeno un corso di livello B1 per parlare del mese di novembre (ruolo Lip 2284). Il mese di maggio (ruolo Lip 895) potremmo citarlo anche in un corso A1 ma senza riferimenti alla stagione della primavera (ruolo Lip 4747) che andrebbe nominata solo in un corso C1 o C2.

Potremmo poi insegnare certamente i giorni della settimana tutti insieme in un corso elementare: ma per rispettare la statistica potremmo distribuirli non secondo la loro sequenza temporale ma secondo la loro frequenza d'uso: domenica, lunedì, sabato, giovedì, martedì, mercoledì, venerdì (a proposito... chissà perché si parla così poco del venerdì?)

Sarebbe legittimo festeggiare in un corso A2 le feste di Natale (Lip 1396) e di Pasqua (Lip 1588), ma solo a livelli di altissima specializzazione potremmo mascherarci per Carnevale, divertirci a Ferragosto o fare i botti a Capodanno, tutte e tre festività attestate al ruolo Lip 6505.


Avremmo poi seri problemi con le femministe: se infatti zio e zia viaggiano quasi a pari merito (1924 il primo e 1884 la seconda), così come a pari merito sono anche signore (192) e signora (188), il professore batte però la professoressa 387 a 1063, il figlio batte la figlia 263 a 1284, il cameriere maschio ha un rango Lip al numero 6505 (non buono certo) ma la cameriera femmina è addirittura assente, così come è assente il lemma studentessa, mentre studente sta nella lusinghiera posizione numero 706.

I diritti dei lavoratori sono infine mortalmente feriti dalla presenza di lavoratore al ruolo 516 contro lavoratrice al ruolo 4495 (con un differenziale, anzi, con uno spread si direbbe oggi, di ben 3979 punti!: roba da default!).

Le donne possono consolarsi solo con il netto e significativo vantaggio della parola suocera (3368) su suocero (5732). E c'è poco da vantarsene.



Per questo motivo, attraverso una serie di suggerimenti ricavati dal Lessico Fondamentale del Vocabolario di base di De Mauro e dal Corpus e Lessico di Frequenza dell'Italiano Scritto (CoLFIS) abbiamo quindi individuato i sostantivi che appartengono ai campi semantici che ci interessavano e li abbiamo "promossi" a un ruolo più alto rispetto a quello previsto nel Lip; abbiamo declassato nello stesso tempo i sostantivi presenti nel Lip che non rispondevano alle nostre esigenze e abbiamo anche inserito qualche lemma non presente nel repertorio dei Dizionari di Frequenza.


Con questa manipolazione che senza dubbio ha dato al criterio esperienziale importanza non inferiore di quella data al criterio statistico, abbiamo quindi raggruppato 333 sostantivi che ci sembrano essere decisamente più adeguati al pubblico di studenti di italiano di quanto non sarebbero stati i primi trecento nomi del Lip se fossero stati estratti in modo meccanico e senza aggiustamenti.

 



RISPOSTA A UNA SERIE DI PROBABILI PERCHÉ (OVVERO UN MODO PER SPIEGARE ALCUNE SCELTE)

Perché inserire una parola così poco significativa come andata (Lip: 4024)?

Per diversi motivi: prima di tutto perché è facile da comprendere dato che gli studenti principianti imparano molto presto il verbo andare; poi perché l'espressione "andata e ritorno" fa parte del lessico utile ai viaggiatori. Per lo stesso motivo abbiamo promosso lemmi come aeroporto (2705), binario (2368), porto (4837), e anche taxi (4011), fermata (6505), metropolitana (4809, tram (6505); e sempre per lo stesso motivo nazionalità (5357) e visto (4922),

Perché promuovere o anche inserire così tante parole legate alla gastronomia (come tiramisù che nel Lip non compare nemmeno)?

I termini legati alla gastronomia nel Lip compaiono poco o in un rango che li vorrebbe a bassa frequenza d'uso. In realtà questo risultato ci pare dipendere solo dal fatto che, naturalmente, parole come spaghetti o tiramisù non fanno parte dei quotidiani argomenti di conversazione.

Nello stesso tempo però va detto che il mangiare è una piacevole ma anche necessaria attività quotidiana di chi viaggia all'estero. E come se non bastasse è dimostrato che se una volta l'Italia esportava all'estero termini legati all'arte (affresco) o alla musica (adagio), negli ultimi decenni, che ci piaccia o meno, l'esportazione lessicale maggiore si è avuta per quel che riguarda termini legati alla cucina. Si tratta perciò di parole quasi sempre molto riconoscibili da parte di studenti stranieri. Quindi, oltre a tiramisù (che è forse attualmente una delle più esportate) abbiamo promosso o inserito bistecca (5419), bruschetta (assente), cappuccino (6505), cioccolata (6505), cornetto (6505), gelato (4812), insalata (2394), latte (2351), minestra (assente), minestrone (6505), olio (2279), pizzeria (3426), pollo (3460), pomodoro (3073), salame (assente), spaghetti (6505), tortellini (assente), zucchero (4207).

Perché nel Lip una parola "importante" come bottiglia compare in posizione così poco rilevante (2556)?

 Perché si tratta di parola che De Mauro chiama ad alta disponibilità e non alta frequenza d'uso: il Lip è stato costruito in base a conversazioni quotidiane registrate. Semplicemente in quelle conversazioni... non si parlava di bottiglie. È proprio questo il motivo per il quale abbiamo qui "recuperato", oltre a bottiglia, parole come cameriere (6005), camicia (2206), capodanno (6505), coltello (6505), Ferragosto (6505), finestra (2128) , giacca (2860), moda (2424), monumento (4583), museo (2335), neve (2339), noia (4054), orologio (2412), pantalone (4269), passeggiata (3545), penna (2131), pioggia (2230), scarpe (2072), sedia (2682), sesso (3240), spiccioli (4387), tazza (2292), turista (5253).

Un po' diverso è forse il discorso per quel che riguarda carta di credito (assente nel lip), strumento ancora poco usato quando il Lip è stato scritto; l'Euro (assente) invece a quel tempo non se l'erano erano ancora inventato.

Perché in questo repertorio di 333 sostantivi è inserita la parola pantalone ma manca la parola gonna?

C'è pantalone ma non c'è gonna. Ci sono mafia e ndrangheta ma non c'è camorra. C'è chiesa ma non ci sono moschea e sinagoga. Volevamo fornire un lessico di base il più ristretto (e facile) possibile e per questo abbiamo fatto delle scelte. Per ogni parola mancante (e non si tratta solo di quelle dette ora) abbiamo seguito un qualche criterio: pantalone è più frequente di gonna (anche perché i pantaloni possono essere indossati da uomini e donne). La Ndrangheta in questi anni ha assunto un ruolo speciale nella criminalità rispetto a quello della Camorra. La chiesa è legata alla tradizione italiana e per questo, non per devozione, l'abbiamo inserita nella lista. Ovvio che insegnando Italiano in Iran si userà la parola moschea così come è ovvio che a Napoli si parlerà di Camorra, in India di monsoni e in Norvegia prima o poi si parlerà di Nynorsk (che nemmeno ha una traduzione in italiano). Il nostro lessico di 333 sostantivi è solo uno strumento e un punto di riferimento generale, non un vangelo.


A CHI PUÒ SERVIRE QUESTA LISTA?

 

Prima di tutto agli insegnanti. Un repertorio lessicale di base può infatti tornar loro utile per la preparazione di esercizi e di test di verifica (in pratica, se uno studente sostiene un test di conoscenza dell'italiano di livello A1 secondo i criteri del Common European Framework of Reference for Languages, dovrebbe muoversi con estrema dimestichezza fra i significati, le forme e gli usi di questi 333 sostantivi: anzi, qualora non fosse così sarebbe forse il caso di domandarsi se nel metodo di insegnamento non ci sia qualcosa da rivedere).

In secondo luogo agli studenti stessi: con una rapida occhiata alla lista potranno facilmente rendersi conto da soli se sono in grado di comprendere il significato principale di questi nomi e se ne conoscono l'uso più comune


IN CHE MODO PROPONIAMO QUESTA LISTA?

Per rendere agevole l'uso (anzi, gli usi) di questi 333 sostantivi, abbiamo pensato di disporli in più liste, ciascuna delle quali potrà offrire a insegnanti e studenti diversi suggerimenti di tipo linguistico e didattico.

Lista generale in ordine alfabetico

La prima lista è quella in ordine alfabetico. Contiene quindi tutti e 333 i sostantivi corredati da un piccolo apparato di indicazioni: articolo, forma plurale (con articolo anch'essa), genere maschile o femminile e in qualche caso il doppio genere (una parola come nipote può essere ad esempio sia maschile che femminile).

Liste per "terminazione"

Dei nostri 333 sostantivi circa il 70% termina al con -o e con -a (nel primo caso nomi maschili che escono in -i al plurale e nell'altro femminili che al plurale terminano con -e). Si tratta quindi di quel 70% di sostantivi che per la loro "regolarità" non dovrebbero creare particolari problemi agli studenti.

Diverso è il discorso per quanto che riguarda quel 30% di sostantivi che terminano con -e (plurale -i) e che possono essere sia maschili che femminili. Qui i problemi di concordanze vocaliche fra sostantivo e aggettivo sono sempre più rilevanti, giacché ben poche sono le "spie" che possono fare intuire il genere di un nome in -e. Per questo abbiamo elencato in una seconda lista tutti i nomi in -e separando i maschili dai femminili. Una lista che potrebbe far comodo a insegnanti nel caso di preparazione di test o esercizi ma soprattutto agli studenti che hanno così un punto di riferimento "utile" per autovalutare le proprie conoscenze.

Nella stessa lista si trovano anche i piccoli elenchi di nomi con terminazioni "speciali": i nomi in consonante e quelli accentati (sempre invariabili), i nomi che terminano con -ì e con -ù (assai scarsi per la verità), i nomi maschili in -a e quelli femminili in -o (anche qui pochissimi casi).

Liste per "particolarità del plurale"

Le complicazioni nella formazione del plurale sono quasi sempre di tipo ortografico, collegate per lo più alla pronuncia di c palatale o c gutturale e alle funzioni dei grafemi -i e -h.

La nostra lista non vuole (o non vorrebbe) essere utilizzata come "materiale di studio" (non crediamo infatti che sia particolarmente utile per gli studenti memorizzare i singoli casi in questione), ma solo come quadro per "inventarci" regole grammaticali, o meglio, un sistema didattico, per non rendere questi casi un insopportabile numero di eccezioni da imparare.

In sostanza dalla tipologia e dalla frequenza di questi casi potremmo ricavare pochi suggerimenti molto semplici e pratici:

- il plurale dei nomi in -ca e -ga è sempre -che e -ghe (in pratica potremmo dire che si rispetta il suono e non la grafia)

- il plurale dei nomi in -co e -go può invece essere incerto (ci/chi e gi/ghi): qui bisognerà fare uno

sforzo di memoria. La doppia -i nel plurale è riservata a pochissimi casi (a uno in particolare: zio/zii); normalmente si usa una sola -i (negozio/negozi)

- quando il nome termina con -cia o -gia... diciamo che è normale avere problemi (succede anche agli italiani!): la grafia vuole infatti che in alcuni casi il plurale sia -ce e -ge. In altri -cie e -gie.

Per quanto riguarda questi primi sostantivi però basterà notare che i nomi che terminano con -ccia e -ggia non fanno uso di vocale -i- nella formazione del plurale.

Per degli studenti principianti questo potrebbe bastare (e avanzare).

Questi 333 sostantivi, assommati ai 111 verbi italiani di base, costituiscono un repertorio di 444 lemmi "essenziali" che ci auguriamo possa esservi utile nel vostro lavoro.

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