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Il caso Moro: i misteri

Un delitto ancora da chiarire

16 marzo 2016

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Roberto Tartaglione

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Come spesso succede per i grandi "delitti politici" che in qualche modo cambiano la storia di un paese (basta pensare al delitto Kennedy nel 1964 a Dallas, ancora oggi non definitivamente chiarito), anche per il delitto Moro restano molti interrogativi inquietanti.

La "storia ufficiale" del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, a tanti decenni di distanza, non convince infatti nessuno. Gli elementi che fanno pensare che dietro a quest'omicidio ci siano molte verità ancora da scoprire sono infiniti. Ne elenchiamo qui soltanto qualcuno.

Quale sia la verità "vera" non possiamo certo dirlo noi. Possiamo però dire con un buon margine di sicurezza che le cose stanno in modo diverso da quello che per molto tempo si voleva che noi tutti pensassimo.


Roma, 3 maggio 1977. Una stretta di mano tra il segretario comunista Enrico Berlinguer e il presidente democristiano Aldo Moro, i principali artefici del "Compromesso Storico", l'avvicinamento tra le rispettive (e opposte) forze politiche, il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana

Chi aveva interesse a eliminare Aldo Moro

Le Brigate Rosse sostengono che l'operazione Moro è stata pensata e gestita esclusivamente da loro. La scelta di Moro dipendeva dal fatto che era il Presidente della Democrazia Cristiana, quindi il personaggio più rappresentativo del sistema: l'obiettivo più ovvio per un gruppo di rivoluzionari comunisti combattenti.


Gli americani da sempre sono intervenuti in Italia per impedire che il Partito Comunista Italiano andasse al governo. La politica di Moro, aperta (moderatamente!) ad alleanze con la sinistra e soprattutto aperta a un governo di "Unità Nazionale" era naturalmente inaccettabile per gli Stati Uniti. Famoso è l'episodio di un incontro fra Moro ed Henry Kissinger il famoso Segretario di Stato americano. Nel 1974 Kissinger minaccia Moro con parole piuttosto chiare: "Onorevole lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o lei smette di fare queste cose o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere". Queste parole, testimoniate dal segretario di Moro presente all'incontro e confermate dalla moglie di Moro che descrive un marito estremamente spaventato per questa minaccia, sono state smentite da Kissinger.


Kissinger stringe la mano al generale Pinochet nel 1976, Wikipedia, pubblico dominio

Gli inglesi, anche se in modo assai meno vistoso rispetto agli americani, hanno avuto dal dopoguerra in poi un'influenza estremamente complessa per quel che riguarda la politica estera italiana. In particolare la politica mediterranea dell'Italia (piuttosto aperta al dialogo con i palestinesi) poteva rappresentare un pericolo per chi sul Mediterraneo ha sempre avuto ambizioni (fin dai tempi della Spedizione dei Mille di Garibaldi).


I russi in teoria avrebbero dovuto essere contenti delle aperture a sinistra di Moro, ma in realtà non è così: la politica sovietica dell'epoca non era particolarmente interessata a cambiamenti rispetto ai vecchi accordi di Jalta che avevano diviso il mondo in due blocchi contrapporti (La Nato da una parte e il Patto di Varsavia dall'altro). Nello stesso tempo poteva avere interesse o simpatia per vere "rivoluzioni comuniste" contro lo "stato capitalista", ma non certo verso un partito "Eurocomunista" che va al potere per via democratica attraverso normali elezioni.


Il rapimento


La scena del rapimento: Via Fani, Wikipedia, pubblico dominio

L'operazione di via Fani, compiuta da un gruppo di brigatisti che con grande precisione bloccano la macchina di Moro e quella dei poliziotti che lo accompagnavano, uccidono tutta la scorta, caricano Moro su un'altra macchina e spariscono a Roma. L'operazione è riconosciuta da tutti come "tecnicamente perfetta" e ben preparata. Molti dicono che i brigatisti non erano in condizione di organizzare un agguato così senza l'aiuto di specialisti. Ma se anche fosse vero, restano molti dubbi sul reale numero di partecipanti all'operazione. In particolare si parla di due uomini su una moto Honda che avrebbero avuto l'incarico di "proteggere" l'operazione dei brigatisti, sparando a chi si fosse avvicinato (come testimonia Antonio Marini che passava di lì con un ciclomotore ed è stato quasi colpito dalle pallottole sparate dai due personaggi in moto). L'episodio è stato confermato anche da Antonio Fissore che nel 2012, pochi mesi prima di morire, scrive ai giornali una "lettera-confessione": sulla Honda c'era lui con un'altra persona. Avevano ricevuto ordine dal Colonnello Guglielmi (poi diventato funzionario dei Servizi Segreti Italiani) l'ordine di proteggere la fuga dei killer brigatisti. Va detto che il Colonnello Guglielmi la mattina del rapimento Moro era in via Fani: del tutto casualmente, ha dichiarato lui: stava andando a casa di un amico che lo aveva invitato a pranzo. Ma erano le 9.30 di mattina...


I 55 giorni di prigionia


Fra i "misterio del caso Moro", quelli intorno alla sua prigionia sono i più inquietanti. Intanto la prigione di Moro. La verità "ufficiale" dice che Moro è stato tenuto prigioniero in un solo appartamento per tutti i 55 giorni. Appartamento in Via Montalcini (Roma sud), piuttosto lontano dal luogo dove poi è stato portato il suo cadavere. I brigatisti hanno attraversato mezza Roma con il corpo di Moro in macchina rischiando di essere fermati ai numerosi posti di blocco che c'erano in quel periodo in città? E poi gli altri covi delle BR. Uno, il più importante forse, in Via Gradoli, in un'area pare con molti appartamenti affittati a funzionari dei Servizi Segreti e soprattutto covo scoperto "casulmente" perché qualcuno aveva lasciato un rubinetto dell'acqua aperto e il bagno si era allagato!

E poi ancora gli interrogatori di Moro, fatti, pare, dal brigatista Mario Moretti. Le Brigate Rosse avevano detto che la trascrizione sarebbe stata resa pubblica. In realtà la polizia trova solo alcune copie degli interrogatori, una parte sembra sia sparita dopo il ritrovamento, una parte viene ritrovata 10 anni dopo in un altro covo delle BR a Milano, covo che era stato già scoperto e perquisito10 anni prima!


Aldo Moro nella "prigione del popolo" interrogato dal brigatista Mario Moretti. Fotogramma dal film "Il caso Moro" di Giuseppe Ferrara, 1986

E ancora il comunicato n.7 delle brigate Rosse: era un comunicato falso in cui era scritto che Moro era stato ucciso e il suo corpo gettato nel Lago della Duchessa su una montagna dell'Alto Lazio in provincia di Rieti! Tutta la polizia si sposta da Roma e va a controllare l'area del Lago della Duchessa. Naturalmente non trova niente. Viene fuori che il falso comunicato è stato programmato dai servizi Segreti italiani su suggerimento di un agente americano per "valutare la reazione degli italiani" in caso di assassinio di Moro. Possibile?


Strani personaggi


E chissà esattamente qual era il ruolo di Steve Pieczenik, agente della Cia e membro del Comitato Speciale di Cossiga: sembra che sia stato lui non solo a programmare il falso comunicato n. 7 ma a premere perché qualunque trattativa con le BR fallisse. Insomma: Moro doveva morire?

La loggia massonica clandestina P2: gran parte degli appartenenti al Comitato Speciale di Crisi messo in piedi dal Ministro degli Interni Cossiga per affrontare il cao Moro erano iscritti alla loggia massonica segreta P2, coinvolta in vari casi di terrorismo politico. Generali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, funzionari e direttori dei Servizi Segreti, ammiragli, funzionari del Ministero degli Interni, ex agenti della Cia. Un caso?


Le rivelazioni del giudice Imposimato


La raffica di ipotesi sui retroscena dell'"affare Moro" potrebbe continuare per molte pagine. Ma accenneremo solo a quello che dice il giudice Imposimato, un famoso magistrato italiano in pensione.

Negli anni 70 si era occupato anche del caso Moro, ma solo dopo il 2000 ha cominciato ad avere una visione del tutto differente di come si sono svolti i fatti. In sostanza, dopo che degli ex agenti di polizia gli hanno rivelato che la prigione di Moro era stata scoperta dalle forze dell'ordine molto tempo prima che Moro fosse ucciso e che per "ordini superiori" non avevano potuto intervenire, Imposimato in molti suoi libri sostiene la tesi che la morte di Moro è stata organizzata per motivi di politica internazionale e che i brigatisti sono stati solo gli esecutori di un delitto programmato ad altissimo livello. "Doveva morire" si intitola uno dei suoi libri più famosi.


Il corpo di Moro ritrovato in una Renault rossa come segnalato da una telefonata delle BR al prof. Tritto il 9 maggio del 1978

....quanto a noi


Noi non siamo né investigatori né esperti di geopolitica: ma il fatto che la famiglia Moro si sia rifiutata di accettare il "Funerale di Stato" per il Presidente della DC e abbia sempre manifestato diffidenza se non disprezzo per tutti i vertici della Democrazia Cristiana (come fossero responsabili della sua morte) ci fa porre molte domande. A chi fosse interessato a saperne di più suggeriamo però questo bel libro di Giovanni Fasanella:




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