I guai della sperimentazione
La cattiva conservazione del Cenacolo e le "colpe" di Leonardo
9 dicembre 2001
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Giulia Grassi
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Il Cenacolo è molto rovinato. Molte sono le cause di questa rovina, ma il primo responsabile di questa situazione è proprio Leonardo. Il pittore, infatti, non usa la tradizionale tecnica a fresco, adatta alla pittura murale, ma dipinge a secco, con tempera e olio sull'intonaco asciutto. Non è un capriccio: Leonardo ama dipingere lentamente, vedere subito gli effetti del colore e modificare quello che non va bene. Usare la tecnica a fresco, cioè lavorare su intonaco umido, significa invece dipingere rapidamente, non poter correggere gli errori e vedere i colori reali solo il giorno dopo, quando l'intonaco è asciutto.
Così Leonardo sperimenta sul muro una tecnica adatta alla pittura su tavola. I risultati immediati sono eccezionali: l'otto febbraio del 1498, pochi mesi dopo la conclusione dei lavori, Luca Pacioli può dire che gli apostoli appaiono naturali, vivi e sembrano parlare tra di loro (1).
Appena vent'anni dopo Antonio de Beatis osserva che il dipinto è eccellente ma comincia a rovinarsi, anche se non si capisce se la colpa sia dell'umidità o se sia di un errore tecnico di Leonardo (2). I colori scoloriscono, la superficie della pittura si crepa: nel 1568 Giorgio Vasari scrive che del Cenacolo non si vedono più i dettagli ma appare come una grande macchia luminosa (3). Già nel 1590 Leonardo è individuato come il colpevole della rovina del dipinto: Giovan Battista Lomazzo dice che il pittore ha sbagliato tecnica, ha usato una base per il colore non adatta e per questo si è rovinato (4).
Ai guai di Leonardo si aggiungono quelli del tempo e degli uomini.
Nel 1650 i frati creano una nuova porta nel refettorio sulla parete del Cenacolo, e così distruggono le gambe della figura di Cristo. Nel periodo dell'occupazione francese (dal 1796), Napoleone ordina di non danneggiare il refettorio, ma inutilmente: viene utilizzato come stalla e magazzino. Nel 1943 una bomba colpisce e distrugge il refettorio: si salva la parete con il dipinto, ma le vibrazioni provocate dalle bombe e le polveri dell’esplosione provocano ancora danni alla pittura.
Il fianco sinistro di Santa Maria delle Grazie dopo i bombardamenti del 1943. Wikipedia, pubblico dominio
Distruttivi sono anche i ”restauri” fatti nei secoli. Nel 1726 Michelangelo Bellotti prima "pulisce" il dipinto con la soda caustica, poi per "ravvivare" i colori, molto scoloriti, copre la superficie con olio di lino e infine ridipinge tutta l'opera, sulla base di una delle molte copie a disposizione.
Altri restauri ci sono nel 1770, 1821, 1853-1855, 1903-1908, 1924 e tra il 1947 e il 1954, quando Mauro Pelliccioli fissa tutta la superficie con una gommalacca. Il risultato è la sovrapposizione di strati di colle, stuccature, vernici, oli, cere, gomme e ridipinture, una patina scura che nasconde sempre di più la pittura originale.
Nel 1977/78 inizia un restauro, terminato nel 1999, per eliminare i rifacimenti e recuperare quanto rimane della pittura originaria, conservata sotto gli strati di materiale aggiunto; la restauratrice è Pinin Brambilla Barcilon. Quel poco che resta di mano di Leonardo è di qualità altissima e fa rimpiangere quanto è scomparso ... e forse ci fa anche un po' arrabbiare con l'artista toscano per la sua manìa sperimentale!
1 "non è possibile con maggiore attenzione vivi gli apostoli imaginare […] par che parlino".
2 "e excellentissimo, benché comincia a gustarse non so se per l'umidità che trasuda il muro o per altra inadvertenzia nella esecuzione dell'opera"
3 "non si scorge più se non una macchia abbagliata".
4 "guasto per l'imprimitura e la preparazione che gli diede sotto Leonardo, così che la pittura è rovinata tutta".