L'Egitto in riva al Tevere
Non solo obelischi, ma piramidi e templi
9 gennaio 2005
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Giulia Grassi
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A Roma l'Egitto era di casa, soprattutto dopo la conquista di questo antico paese ad opera di Giulio Cesare e di Augusto (I secolo a.C.). Oggi sono soprattutto gli obelischi a testimoniare questa presenza, e un monumento molto particolare, la Piramide di Caio Cestio. Ma c'era molto di più.
La Piramide di Caio Cestio (Cestia) è uno dei monumenti più bizzarri di Roma. Si trova lungo l'antica via Ostiense, è alta m 36,40 ed è completamente rivestita con blocchi di marmo di Carrara. Non è stata distrutta dai saccheggiatori di marmi perché, fortunatamente, l'imperatore Aureliano l'aveva fatta inserire nelle mura difensive, come torrione fortificato (270-275).
È la tomba di un ricco, ed eccentrico, uomo politico del I secolo a.C., sostenitore di Augusto e probabilmente affascinato dalla moda "egittizzante" diffusa a Roma proprio in quel periodo. Era anche un burlone: nel suo testamento era scritto che gli eredi potevano ricevere il suo denaro solo a una condizione, costruire per lui un sepolcro a forma di piramide entro 330 giorni dalla sua morte. E così è stato: potenza dell'affetto... e dei sesterzi!
La Piramide Cestia nel 1880 (Wikipedia pubblico dominio) e oggi (opera propria)
Plastico di Roma imperiale con, al centro, la piramide flaminia; a sinistra c'è l'area della futura Piazza del Popolo
Ma non era l'unica piramide di Roma, c'erano almeno altre due (forse tre) grandi tombe monumentali di questa forma. Una piramide si trovava sul lato destro della Via Flaminia - attuale via del Corso - nell'area ora occupata dalla chiesa di Santa Maria dei Miracoli a Piazza del Popolo. Segnava insieme a un'altra tomba (forse un'altra piramide) l'inizio di tre strade: il famoso Tridente moderno (via del Corso al centro, via del Babuino e via di Ripetta) era infatti già "abbozzato" in epoca romana .
Un'altra piramide era in area vaticana all'inizio della Via Trionfale, corrispondente all'inizio della moderna Via della Conciliazione. Doveva somigliare molto alla Piramide Cestia, anche nelle dimensioni: questo spiega perché nel Medioevo erano considerate le tombe di Romolo e Remo (e chiamate meta Romuli la piramide cestia e meta Remi quella vaticana).
È stata demolita nel 1499, per aprire la (scomparsa) via Alessandrina, ma appare in molte opere d'arte, ad esempio sulla porta in bronzo fatta dal Filarete per la Basilica di San Pietro (1443-1445). La piramide appare anche sull'affresco con "L'apparizione della Croce" dipinto da Giulio Romano nella Sala di Costantino dei Palazzi Vaticani (1520-24): è rappresentata sullo sfondo, accanto al Mausoleo di Adriano e al Ponte Elio, che oggi conosciamo rispettivamente come Castel Sant'Angelo e Ponte degli Angeli (foto a destra).
Sala di Costantino, Giulio Romano, Wikipedia, pubblico dominio
Allora: almeno 17 obelischi, almeno 3 piramidi... e almeno 9 tra templi e sacelli (piccoli edifici sacri) dedicati alle divinità egizie, in particolare Iside (iseo) e
Serapide (serapeo). Erano l'Iseo e il Serapeo campense (Campo Marzio), l'Iseo e il Serapeo della Regio III, sul Colle Oppio (così importante da dare il nome alla regio, cioè al quartiere: Isis et Serapis), l'Iseo Capitolino (Campidoglio), l'Iseo vicino la chiesa di Santa Sabina sull'Aventino, il Serapeo del Quirinale (uno dei templi più grandi della città), il Tempio di Iside presso le Terme di Caracalla, il sacello isiaco conosciuto come "Larario di via Giovanni Lanza", il sacello dei Castra Praetoria, il sacello degli Horti Sallustiani.
Di tutto questo non rimane quasi niente. Gli edifici sono scomparsi e le sculture che li decoravano sono andate distrutte, o disperse.
Prendiamo ad esempio l'Iseo e Serapeo campense, sicuramente il tempio egizio più antico e più sfarzoso di Roma.
Si trovava nella zona tra il Pantheon e la chiesa di Sant'Ignazio, e doveva misurare metri 240 x 60. Era stato costruito nel 43 a.C., e nel corso dei secoli molti imperatori lo avevano restaurato e arricchito di opere d'arte. I resti del tempio si trovano sotto il Palazzo del Seminario e le chiese di Santa Maria sopra Minerva e Santo Stefano del Cacco (nella foto qui sopra, in rosso). Era un complesso formato da tre parti: una lunga piazza scoperta decorata da obelischi e sfingi; una area centrale con monumentali archi di ingresso sui due lati corti (verso le moderne Piazza del Collegio Romano e Via di S. Caterina da Siena); una struttura di forma semicircolare con portico e il tempio vero e proprio sul fondo, proprio dove oggi c'è la chiesa di S. Stefano del Cacco (lo strano nome deriva dal ritrovamento di una statuetta del dio egizio Anubis con la testa in forma di cane: il popolino l'aveva scambiata per una scimmietta e chiamata "macacco" (ossia il macaco), in seguito abbreviato in "cacco").
A cominciare dal VII-VIII secolo era cominciata la progressiva distruzione dell'Iseo e, a poco a poco, gli edifici della Roma medievale e moderna si sono sovrapposti all'antico monumento: i resti del tempio sono tra i 5 e gli 8 metri al di sotto delle strade attuali.
Il monumento era arricchito da sculture di varie dimensioni e da obelischi: molti di questi materiali sono riconoscibili per le vie di Roma e in vari musei. Dall'Iseo e Serapeo campense provengono gli obelischi di Piazza Navona, Piazza della Rotonda, Piazza della Minerva, Piazza dei Cinquecento a Roma e quelli portati nel XVIII secolo a Firenze e a Urbino.
Le sculture sono numerosissime, ma tra le più importanti sono da ricordare la Statua del Nilo che si trova nel Museo Chiaramonti in Vaticano e la Statua del Tevere al Louvre; i due leoni che decorano la Fontana dell'acqua Felice (angolo via XX settembre) e i due leoni ai piedi della scalinata che porta a Piazza del Campidoglio (si tratta copie, gli originali si trovano rispettivamente nel Museo Egizio vaticano e nel Museo Capitolino di Roma).
Ci sono poi la cosiddetta "Madama Lucrezia", una statua in Piazza San Marco, che in realtà rappresenta Iside o una sua sacerdotessa; era una delle statue parlanti di Roma. Un grande piede di marmo che apparteneva ad una statua di culto egizio e che si trova all'angolo di una via che si chiama, appunto, via del pie' di marmo. E la statuetta di una gatta in marmo murata sul primo cornicione all'angolo di palazzo Grazioli, sull'omonima piazza Grazioli, e che dà il nome a Via della Gatta.