Giano e i suoi templi a Roma
Dal “Gianicolo” in giù
11 gennaio 2009
b2-c1
Giulia Grassi
No
(aggornato settembre 2023)
Il primo mese dell'anno, gennaio (latino ianuarius), deriva il suo nome da Giano (Ianus), una divinità esclusivamente romana (non c'è una corrispondente divinità greca) e di origini molto antiche e poco chiare. Il suo nome viene spiegato in molti modi, che richiamano sempre un'idea di movimento e di attraversamento: Giano era infatti il protettore di ogni ingresso (la soglia della casa, le porte della città, i passaggi coperti) e di ogni inizio (era invocato prima di ogni impresa e attività e proteggeva le partenze e i ritorni). Nelle preghiere più solenni il suo nome era citato per primo (l'ultimo era quello di Vesta, altra divinità tipicamente romana).
Tutte queste funzioni sono ben espresse negli epiteti del dio: Patulcius e Clusius (colui che apre / che chiude), Matutinus (che apre il giorno), Geminus e Bifrons (doppio, con due facce), Quadrifrons (con quattro teste, come protettore delle stagioni). E nella sua iconografia: una figura con due volti contrapposti, che guardano in due direzioni diverse, e con nelle mani un bastone e una chiave, in quanto portiere del cielo (spunto per l'immagine cristiana di San Pietro con le chiavi del Paradiso). Era chiamato anche Agonius, con riferimento alla festa in suo onore (Agonium) che si celebrava il 9 gennaio, quando le persone si scambiavano doni chiamati strenae (da cui l'italiano strenna).
Quali segni rimangono a Roma di questo dio che, nei tempi più antichi, era considerato il più importante tanto da essere chiamato Ianus Pater (Giano Padre) e deus deorum (dio degli dèi)? Non molti, e tutti legati ai primi secoli della civiltà romana.
Per prima cosa il Gianicolo, che deriva il suo nome da quello della città che, secondo una leggenda, il dio aveva fondato sul colle arrivando esule dalla Tessaglia (ma altre leggende ne parlano come di un dio indigeno). Qui c'era un altare dedicato a suo figlio Fons o Fontus, il dio delle sorgenti, nato dalla ninfa Giuturna, sua moglie.
Cos'altro ancora? Molto poco, ma in effetti non c'era molto.
È completamente scomparso lo Ianus Geminus nel Foro Romano, il monumento che secondo le fonti antiche era stato fondato o dallo stesso Romolo o dal suo successore Numa Pompilio. Non sappiamo bene dove si trovasse esattamente né la sua storia nei secoli. Era vicino alla Curia, sulla via chiamata Argiletum, e sembra che sia stato distrutto e poi ricostruito nella piazza del Foro Transitorio da Domiziano, quando ha restaurato la Curia (nel 94): quindi i suoi resti dovrebbero trovarsi sotto Via dei Fori Imperiali.
Conosciamo però la sua forma e la sua funzione. Non era un vero tempio ma un "passaggio coperto" ad arco, chiuso da porte sui due lati: così è rappresentato su monete coniate da Nerone nel 66. Dentro c'era la statua del dio bifronte. Queste porte restavano chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra, per permettere al dio di accorrere in aiuto dei soldati romani (ma il poeta Ovidio dice che era così come augurio del ritorno vittorioso dell'esercito); nel corso della lunga storia di Roma queste porte sono rimaste chiuse pochissime volte.
Con la cristianizzazione dell'impero i templi dei 'falsi' dèi furono chiusi o demoliti: l'usanza della apertura/chiusura delle porte venne abbandonata e lo Ianus Geminus chiuso. Ma la tradizione era così radicata che decenni dopo, durante l'assedio della città da parte dei Goti (537), alcuni cittadini cercarono di riaprire le porte, per permettere al dio di andare in soccorso dei romani in pericolo, ma senza riuscirci (Procopio, La guerra gotica, I, 25).
Un vero tempio dedicato a Giano si trovava invece nel Foro Olitorio, sotto al Campidoglio. Era stato costruito da Caio Duilio durante la prima Guerra Punica (260 a.C.) ed era uno di quattro templi affiancati e di epoche diverse: gli altri tre erano dedicati a Spes (Speranza), Iuno Sospita (Giunone sospita) e Pietas (Pietà). Questi templi vengono distrutti per far posto al Teatro di Marcello, e tre di essi vengono ricostruiti a sudest (non quello della Pietà, per cui non c’era posto, ma di cui sono stati trovati i resti). Il Tempio di Giano era quello "iuxta theatrum Marcelli" (vicino al Teatro Marcello).
Nel tempio c'era una statua del dio opera dello scultore greco Skopas, portata a Roma come bottino di guerra: in origine rappresentava un Hermes dicefalo (a doppia testa), ma grazie a una totale doratura era stata trasformata in un Giano bifronte (Plinio).
Nei secoli i templi sono stati abbandonati e sono caduti in rovina. I loro resti sono stati inglobati nella chiesa di San Nicola in Carcere - che si è installata principalmente nel tempio centrale, di Giunone, ma ha sfruttato anche parti dei templi laterali - e in alcuni palazzetti.
I resti dei templi sono riemersi nel 1929, durante la distruzione (sventramento) del quartiere che, dal Medioevo in poi, si era sovrapposto agli antichi Foro Olitorio e Foro Boario, tra il Campidoglio e il Tevere.
Del Tempio di Giano rimangono alcune delle colonne ioniche dei portici sui lati lunghi, in origine 8+8, poggianti sul podio (basamento rialzato): 7 sono inglobate nel muro esterno settentrionale della chiesa, 2 sono in piedi all'estremità opposta. Sotto la chiesa sono visibili i resti interrati del podio.
I resti del Tempio di Giano sul lato settentrionale della chiesa di San Nicola in Carcere
Non ha relazione con il dio il cosiddetto Arco di Giano nel Foro Boario, in realtà un arco onorario forse fatto da Costantino, quell'Arcus Constantini che, secondo le fonti, si trovava proprio in questa zona (Velabro). È un arco quadrifronte, con quattro aperture, ed è collegabile al vicino Arco degli Argentari. Poiché in latino la parola ianus (giano) indica un passaggio coperto, col tempo si è fatta confusione e questo è diventato, erroneamente, l'Arco di Giano.
Cosiddetto Arco di Giano al Velabro (Wikipedia, pubblico dominio)
Per saperne di più
• N. LUCIANI, Continuità della “tradizione pagana” nel tessuto urbano di Roma post-classica (VI-VIII), Tesi di Dottorato, Venezia, Università Ca’ Foscari (2020), pp.22-23 (Ianus Geminus), 39-41, 44, 157-162 (Tempio Giano nel Foro Olitorio)
• R. MENEGHINI, Il cosiddetto Tempio di Giano, il perduto Foro di Minerva e la prima fase costruttiva del foro Transitorio, «Scienze dell’Antichità», 21/3 (2015), pp. 59-80
• M. PARONUZZI, L. ZANCHETTA, Materiali per lo studio dell’Arco di Giano, «La Rivista di Engramma», 66 (settembre-ottobre 2008), pp.145-154 (https://www.engramma.it/eOS/resources/images/66/e66/e_66_paronuzzi-zanchetta_145-154.pdf)
• A. PALOMBI, La basilica di S. Nicola in Carcere. Il complesso architettonico dei tre templi del Foro Olitorio, Città di Castello 2006
• R. TAYLOR, Watching the Skies: Janus, Auspication, and the Shrine in the Roman Forum, «Memoirs of the American Academy in Rome», Vol. 45 (2000), pp. 1-40
• A. FERRARI, Dizionario di mitologia greca e latina, s.v. Giano, Torino UTET 1999
• F. ASTOLFI, Foro Olitorio e i tre templi di S. Nicola in Carcere (I parte), «Forma Urbis – Itinerari nascosti di Roma antica», III/7-8 (1998), pp. 10-17
• F. ASTOLFI, Foro Olitorio e i tre templi di S. Nicola in carcere (II parte), «Forma Urbis – Itinerari nascosti di Roma antica», III/9 (1998), pp. 20-27
• R.A. STACCIOLI, Ianum ad infimum Argiletum, in Etrusca et Italica: scritti in ricordo di Massimo Pallottino, Rome 1997, II, pp. 567-573
• G.B. PROJA, San Nicola in Carcere, Roma 1981 (Le chiese di Roma illustrate, 112)