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Cose di donne

Del "sessismo linguistico"

6 marzo 2021

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Roberto Tartaglione

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I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

La questione "sessismo linguistico", molto dibattuta in questi ultimi anni (vedi in Matdid la recente lettera aperta per censurare la definizione "donna" in Treccani.it), è in realtà aperta da qualche decennio (vedi per esempio il Documento della Commissione Nazionale per la Parità fra uomo e donna, 1993). Siamo convinti che un maschio possa intervenire solo con molta moderazione su questioni di femminismo. Quindi qui facciamo soltanto una piccola considerazione, esclusivamente linguistica, su una sola metafora diffusa nel parlato quotidiano di registro linguistico decisamente basso.


Si discute molto in questi ultimi anni del "sessismo della lingua". Diciamo subito che almeno 3 sono le questioni linguisticamente più rilevanti:

1) La femminilizzazione di nomi di professioni che in passato erano solo maschili: avvocato/avvocata; notaio/notaia; sindaco/sindaca ecc.

2) L'uso del genere grammaticale maschile quando ci si riferisce a uomini e donne, per esempio:

Buongiorno a tutti / Buongiorno a tutt* / Buongiorno a tuttə / Buongiorno a tutti e tutte

3) Espressioni consolidate, ma maschiliste nel loro significato:

Comportarsi da uomo; Madrelingua; Lavori da donna ecc.


Bene: non ci soffermeremo qui a parlare del caso 1 (femminilizzazione dei nomi di professioni) perché la questione ci sembra già risolta: si deve femminilizzare perché non c'è davvero nessun motivo per dire maestro/maestra con naturalezza e sindaco/sindaca con difficoltà. Certo bisogna farci l'abitudine se per un lungo periodo si è detto sindaco, ma il problema è davvero poco interessante. Si dice sindaca e basta.

Non parleremo qui nemmeno del punto 2 (il maschile come genere che comprende sia maschile che femminile) perché le soluzioni proposte finora ci sembrano tutte discutibili: asterischi e scevà (schwa) ci sembrano un po' invasive verso la lingua "reale" e formule con ripetizione (signore e signori) che appaiono forse come le più ragionevoli qualche volta suonano un po' pesanti. La discussione è aperta.               

Ci soffermiamo invece volentieri sulle espressioni maschiliste: per parlare di queste però è importante cercare di non generalizzare perché ogni metafora, ogni frase ha una sua storia e si dovrebbe perciò analizzarle un po' tutte, ad una ad una: una cosa è dire comportarsi da femminuccia che evidentemente tocca in profondità l'identità femminile, un'altra cosa può essere per esempio l'espressione intuito femminile. Questa frase, anche se in modo generico (e forse superficiale) allude comunque a una idea trattata perfino in chiave scientifica. Si è parlato infatti di una particolare predisposizione del cervello di una donna a sviluppare la caratteristica dell'intuito. Vero o falso che sia, si dice che le donne sembrano essere migliori studentesse di lingue perché affiancano alla razionalità - comune con l'uomo - anche una certa dose di intuizione, superiore di solito a quella maschile, che appunto facilita l'acquisizione linguistica.  

Scegliamo allora come argomento di discussione una espressione molto comune nel parlato, ma di registro decisamente basso o volgare:

Una donna con le palle

Il motivo per cui questa espressione, al di là della sua volgarità, è da considerare sessista, è piuttosto ovvio: dire che una donna ha le palle (nel significato di è molto in gamba, capace, decisa) presuppone che per essere in gamba sia necessario essere maschi. Senza attributi sessuali maschili, insomma, non si sarebbe in grado di avere una qualità personale di rilievo. In questi termini chi sostiene che si tratti di espressione sessista ci pare abbia tutte le ragioni. Ma noi siamo insegnanti di lingua: il nostro lavoro è stimolare le discussioni in classe! Proponiamo una diversa interpretazione di questa frase augurandoci che qualcuno sia d'accordo e qualcuno sia contrario. Non dovrebbe essere difficile, così, animare una bella discussione fra studenti di una stessa classe, magari provenienti anche da nazioni diverse e con sensibilità diverse.

Con le palle significa precisamente "deciso, giustamente aggressivo". Allo stesso modo uterino, forse in modo altrettanto sessista o perfino di più, viene inteso come “istintivo, viscerale”. Ora, al di là della volgarità del linguaggio (volgarità che riguarda il con le palle, ma non riguarda uterino) e naturalmente al di là di pregiudizi sessisti, nella prima frase si parla di palle in riferimento al ruolo che i testicoli hanno nella produzione di testosterone, ormone che ha qualche relazione con l’aggressività. Nell’altra frase sembra invece si parli di utero in relazione agli sbalzi di umore connessi ai casi di cosiddetta sindrome premestruale (che peraltro colpirebbe non più del 5% delle donne fertili).

Le due metafore insomma non sembrano originariamente collegate alla volontà di esaltare o denigrare i due sessi, ma pare alludano a due caratteristiche, diciamo fisiologiche, legate a due organi (certamente uno maschile e uno femminile). In sostanza: se qualcuno dice a un maschio Bravo, hai dimostrato di avere le palle! non viene da pensare che prima di questa affermazione si dubitasse della sua integrità fisica. Si intende evidentemente solo dire che l'altro si è comportato in modo opportunamente aggressivo.

Allo stesso modo se, sempre a un maschio, si dice che in un certo ragionamento che ha fatto è stato un po’ uterino, non si pensa di mettere in discussione la sua identità sessuale: si sta solo segnalando la sua eccessiva impulsività o mancanza di freddezza nell’affrontare una certa situazione.

Insomma, né più né meno che dire guardare in cagnesco ben sapendo che i cani hanno di solito uno sguardo dolcissimo; né più né meno che parlare di falchi e colombe senza intenti di offendere i pennuti (lo stesso falco del resto in metafore ottiche diventa un modello); né più né meno che dire sei un salame alludendo a una certa immobilità dei salumi appesi in cantina, immobilità che non mette minimamente in discussione le qualità del prodotto.

Sia chiaro: oggi il mio intuito femminile mi suggerisce che sia opportuno non usare mai e poi mai queste due espressioni, sia nei confronti di uomini sia nei confronti di donne (e perfino di antifurti, ricordandomi del noto “antifurto con le palle”). Probabilmente però dire a qualcuno, uomo o donna che sia, hai più testosterone di quanto immaginassi oppure hai più estrogeni di quanto immaginassi non avrebbe la stessa potenza espressiva. O forse sì?



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