Collezione, che passione!
Note su Scipione Caffarelli Borghese e Giovanni Pietro Campana.
21 ottobre 2012
b2
Giulia Grassi
No
Sir Augustus Wollaston Franks diceva che il collezionismo è una vera malattia, una malattia incurabile¹.
E J. Pierpont Morgan, banchiere americano, ricchissimo e collezionista vorace, comprava in modo compulsivo, al punto che a Londra circolava una voce preoccupata: “Speriamo che Morgan non compri la National Gallery!”². La storia del collezionismo è piena di personaggi 'disinvolti', pronti a tutto pur di entrare in possesso di una determinata opera d'arte o insaziabili accumulatori di migliaia di manufatti.
Tra i tanti emuli del romano Verre (Cicerone contro Verre: l'arte tra corruzione e ossessione), come lui affetti dal morbo del collezionismo e dalla 'cupiditas' del possesso, ne abbiamo scelti due - un cardinale e un funzionario di banca che vivevano a Roma - separati dai secoli ma uniti dalla stessa ossessione e dalla spregiudicatezza nei comportamenti.
Il cardinale Scipione Caffarelli Borghese (1576-1633) era nipote di papa Paolo V ed è stato uno dei più importanti mecenati e collezionisti del suo tempo. Nella sua villa, costruita 'fuori di Porta Pinciana' a partire dal 1606, il Casino (oggi Galleria Borghese) era nato proprio per contenere la sua strabiliante raccolta di sculture, antiche e moderne, e di pitture³. Scipione conduceva una vita "molto dedita a' piaceri e passatempi", e se desiderava possedere un'opera d'arte ricorreva anche a mezzi illeciti. Due sono gli episodi più famosi.
Nel 1608 a Scipione viene donato un quadro di Raffaello, il Trasporto di Cristo al Sepolcro (1507). Con molto tempismo suo zio, il papa, emette un 'Breve' che dichiara l'opera "cosa privata donata al Principe che ne è il solo Padrone". Tutto regolare, sembra. Peccato che il quadro era stato rubato dalla chiesa di San Francesco, a Perugia, nella notte del 19 marzo di quell'anno e che i perugini avevano protestato perché rivolevano indietro quell'importante pittura! Peccato che il furto era stato ordinato dallo stesso Scipione...
Simile è il caso di un'opera di Domenichino, La Caccia di Diana (1616-1617). Il quadro era stato commissionato dal cardinale Pietro Aldobrandini, ma Scipione la voleva a tutti i costi, e poiché il pittore si rifiutava di venderglielo, lo fece mettere in prigione, e si prese con la forza il dipinto ("il cardinale Scipione Borghese, hauto aviso di questo bel quadro fatto da Domenichino se ne invogliò, e gle lo fece chiedere da parte sua, et egli si scusò se non lo poteva servire, perché l'haveva fatto pel Cardinale Aldobrandini di suo ordine. Sdegnatosi Borghese di questo, mandò con violenza a levarglielo di casa, e non contento di questo, ordinò che Domenichino fosse carcerato, e lo fece trattenere per alcuni giorni in prigione." (Giovanni
Battista Passeri).
Raffaello, il Trasporto di Cristo al Sepolcro (1507) e Domenichino, La Caccia di Diana (1616-1617), Wikipedia pubblico dominio
Giovanni Pietro Campana (1808-1880) è meno famoso del cardinale Borghese, ma come lui è stato un grande collezionista, soprattutto di opere antiche (bronzi, marmi, terracotte, gioielli, ceramiche, monete) ma anche di pittura e di maioliche e sculture rinascimentali.
E come Scipione esponeva i suoi tesori in una villa-museo, nella zona del Laterano, talmente piena di pezzi pregiati che "the Campana Museum is in many respects superior to the Museo Gregoriano at the Vatican" (Octavian Blewett, 1856). Ora la villa non esiste più, distrutta con le altre ville lateranensi nei grandi lavori urbanistici realizzati dopo il 1870 (vd La breccia di Porta Pia) e la proclamazione di Roma capitale del nuovo Regno d'Italia. Si trovava nella zona dove oggi si incontrano via di San Giovanni in Laterano e via dei Santi Quattro Coronati, ed aveva dei bellissimi giardini dove, tra piante esotiche, statue, fontane e grotte, Campana aveva perfino fatto ricostruire una tomba etrusca⁴.
Villa Campana al Celio
La villa è stata distrutta pochi decenni dopo la distruzione della reputazione del suo proprietario.
Per molti anni Campana era stato un uomo rispettato: archeologo famoso (dirigeva gli scavi di Ostia antica), era stato nominato marchese proprio per i suoi meriti culturali. Purtroppo per lui, era anche direttore del Monte di Pietà, e quindi gestiva molti soldi. Ben presto, la tentazione di usare quel denaro per fare i suoi acquisti d'arte era diventata troppo forte, e lui non aveva saputo resistere. Nel 1857 viene arrestato con l'accusa di aver trasformato il capitale della banca in statue, gioielli, vasi e pitture, e condannato a venti anni di prigione (trasformati dal papa in "esilio perpetuo"), mentre la sua collezione viene sequestrata e messa all'asta per pagare i debiti. Le opere finiscono al Louvre di Parigi, Victoria & Albert Museum di Londra, Ermitage di San Pietroburgo, Metropolitan Museum di New York e in altri musei ancora.
Un destino ben diverso da quello di Scipione, arrogante ma, per sua fortuna, nipote di un papa.
J. Pierpont Morgan 'The Magnet' (Puck Magazine)
¹ "Collecting is a hereditary disease, and I fear incurable". Sir Augustus Wollaston Franks (1826-1897), uno dei più grandi collezionisti inglesi di tutti i tempi, ha creato e diretto il Department of British and Medieval Antiquities and Ethnography del British Museum a Londra, al quale ha donato le sue raccolte.
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² J. Pierpont Morgan (1837-1913) è un personaggio leggendario, sia come banchiere che come collezionista. Ha raccolto migliaia di opere, ed è stato la gioia di tutti gli antiquari e i mercanti d'arte europei a cavallo tra Ottocento e Novecento. Il figlio, suo erede, ha venduto una parte consistente della collezione, anche se ha donato 7.000 opere al Metropolitan Museum di New York, di cui il padre era stato direttore dal 1904 fino alla sua morte.
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³ Per saperne di più: A. Campitelli, Villa Borghese da giardino del principe a parco dei romani, Roma 2003; I Borghese e l’Antico, Roma Galleria Borghese, 7 dicembre 2011 - 9 aprile 2012.
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⁴Per saperne di più: G. Nadalini, La villa-musée du marquis Campana à Rome au milieu du XIXe siècle, 'Journal des savants' (1996), N°2. pp. 419-463. S. Sarti, Giovanni Pietro Campana, 1808-1880: the man and his collection, Oxford 2001.