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L'appartamento campione

Riduzione di un brano di Ennio Flaiano

1 dicembre 2023

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Roberto Tartaglione

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.

L’assistente imboccò la scala e i due giovani fidanzati lo seguirono.

– Questo è il piccolo ingresso – disse l’assistente. – Tre porte: notte, giorno e servizi. Non prende luce? A che serve una luce, qui? È una stanza di passaggio, che del resto si può rendere allegra dipingendo le pareti a colori vivaci. Come vedete, il cliente ha voluto una parete gialla, una verde, una grigia e il soffitto rosso. Non è grazioso?

Ora seguitemi. Questa è l’anima della casa, il soggiorno. Ampio, luminoso. Qui metterete il tavolo per i pasti, qui il tavolino da gioco, qui il divano, qui la libreria componibile.

– Ti piace? A me sì – disse la ragazza al giovane, che non rispose.

– Venite – disse subito dopo l'assistente.

– Questa parte è dedicata ai servizi. La cucina. A che serve una cucina grande? Basta che una persona possa muovercisi. E qui una persona non molto grassa si muove a suo agio. La finestra dà su un piccolo cortile. Come possiamo vedere, è molto buio. Meglio: la luce porta le mosche. Voi del resto avrete tutta la luce che vorrete sul terrazzo del soggiorno, studiato in modo che possano starci comodamente non una, ma due persone: in piedi, s’intende.



– Non sono muri solidi... – domandò il giovane.

– Solidi? E perché? Forse il signore ha in animo di sostenere un assedio? Sono solidi quel tanto che ci vuole per garantire la privacy. Ora datemi una moneta.

Il giovane cavò di tasca una moneta e la porse all’assistente che la portò all’altezza della fronte e poi la lasciò cadere sul pavimento.

– Sentite che suono fresco, pieno, vibrante? Sentite l’eco? È un gong! Ebbene, quando la casa sarà abitata, tutti lo sentiranno, dal primo all’ultimo piano. Un orecchio esercitato riesce a distinguere se la moneta è da cento o cinquanta lire.

– Io odio i rumori – disse il giovane.

– Tendenza all’isolamento – osservò l’assistente pensoso. E continuò:

– I rumori ci fanno invece sentire inseriti in una società, simili tra i nostri simili, spinti da comuni ambizioni, allietati da sogni comuni. Oggi la vita è rumore, e il rumore è vita.

– È strano – disse il giovane – le case oggi mi danno questa sensazione: che non vi si possa fare niente di serio. Intendo: lavorarci, studiarci, ammalarcisi, partorire, isolarsi, morire.

– Sì – disse l’assistente – la casa oggi è un luogo essenzialmente gaio. Per lavorare e studiare abbiamo scuole e uffici. Per ammalarsi, isolarsi, partorire e morire abbiamo le cliniche. Sono incidenti che turbano la vita sociale. Per questo noi ci sforziamo di fare le nostre case come piccoli bar, night-club, cinema, ristoranti, stazioni di servizio e boutiques. E le coloriamo vivacemente.

– Io vorrei due stanze che fossero vuote – disse il giovane pensieroso. – Due stanze con armadi e vecchi bauli, dove non dorma nessuno. Ci vorrei anche i nonni, una zia che non ha trovato marito e i due bambini di una sorella morta. Vorrei una casa vera.

– Mi dispiace proprio – disse l’assistente. – Non ne abbiamo.


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